Abbiamo chiesto al medico cantonale, Giorgio Merlani, di aiutarci a fare un po’ di chiarezza, a partire anche dalle azioni intraprese dalle autorità, contro le fake-news.
Dottor Merlani, a cosa serve vaccinarsi?
È importante ribadire che la vaccinazione contro il coronavirus serve anzitutto ad evitare decorsi gravi della malattia e di conseguenza anche i decessi. L’efficacia contro i decorsi gravi dei vaccini mRNA è superiore al 90%. A testimonianza di questa efficacia è il fatto che secondo i dati dell’Ufficio della sanità pubblica, la probabilità di ricovero per pazienti vaccinati è nettamente più bassa. Questo fattore è decisivo in quanto significa che – se raggiungeremo un livello di copertura vaccinale sufficiente – meno persone avranno bisogno di un ricovero: potremo così scongiurare un nuovo sovraccarico delle strutture ospedaliere, che è da sempre stato il vero problema. Se scongiuriamo il sovraccarico del settore ospedaliero, sempre utilizzato come parametro ultimo per l’applicazione di misure restrittive, non avremo la necessità di prendere misure di contenimento come il “lockdown”, che sono nocive sia per la salute che per l’economia. (per maggiori informazioni, qui)
C’è che rifiuta il vaccino perché teme che questo non sia stato sufficientemente testato e che l’RNA modifichi il DNA…
Si tratta di un argomento che abbiamo sentito spesso e sul quale abbiamo cercato, come autorità, di fornire tutte le rassicurazioni possibili. Non ci stancheremo di ripetere che gli studi sui vaccini contro la COVID-19 sono stati condotti più rapidamente rispetto ai tempi abituali, ma che ciononostante non è stata saltata nessuna delle fasi normalmente previste per lo sviluppo di un farmaco. A dimostrazione di questo fatto, l’omologazione concessa in Svizzera ha seguito la procedura ordinaria, senza alcun compromesso. I tempi rapidi con cui questi vaccini sono giunti fino all’approvazione dalle autorità sanitarie sono dunque legati alle enormi risorse finanziarie e logistiche dedicate a questa impresa a livello mondiale. Le varie fasi degli studi sono infatti state condotte per intero e parallelamente, mentre di solito vengono pianificate in successione. Dopo centinaia di milioni di dosi somministrate, sotto lo sguardo dei sistemi di farmacovigilanza mondiale, non possiamo più avere dubbi sul fatto che i vaccini siano stati controllati a sufficienza. Quanto al timore di una possibile modifica del DNA, si tratta di un’ipotesi del tutto infondata dal momento che l’RNA messaggero non entra nel nucleo e non può modificare quindi il nostro patrimonio genetico. Queste paure sono probabilmente basate su una scarsa conoscenza della tecnologia mRNA, frutto di uno sviluppo durato vent’anni e non avvenuto certo dall’oggi al domani. (per maggiori informazioni, qui)
Quali sono – ricordiamole – le strategie che le istituzioni cantonali e federali mettono in atto per combattere la disinformazione?
Da subito ci siamo resi conto che sarebbe stato molto rischioso improvvisare e “navigare a vista”. Abbiamo quindi stabilito che l’informazione e la comunicazione al pubblico sarebbero stati uno dei pilastri nella gestione della crisi. In questo senso era importante concordare e seguire precocemente una precisa strategia di comunicazione, che abbiamo discusso con il supporto di specialisti che l’hanno poi sviluppata e adattata continuamente. Abbiamo scelto principi fondamentali che ci sono serviti da bussola per orientarci: credibilità, tempestività, trasparenza, costanza, coerenza e proattività. Attorno a questi principi abbiamo costruito ogni iniziativa di informazione al pubblico. Forse non siamo riusciti a rispettare sempre al 100% i piani, ma l’approccio si è dimostrato efficace e lo seguiremo di certo anche in futuro.
E i media? Che responsabilità hanno nell’arginare la mis-informazione sul coronavirus?
I media svolgono un ruolo fondamentale. Vista la loro varietà, credo però sia sbagliato parlarne in maniera generalizzata: come in tutti gli ambiti, compreso quello medico, c’è chi fa bene il proprio lavoro e chi lo fa un po’ meno bene. È chiaro che durante questa crisi ne abbiamo viste un po’ di tutti i colori… ma credo che, soprattutto in Svizzera, i media abbiano contribuito a informare correttamente il pubblico. Probabilmente sono invece stati i social media a veicolare maggiormente “fake news” e disinformazione, alimentando sospetti sul lavoro delle autorità. In generale, ci siamo comunque resi conto, anche nell’ambito sanitario, di quanto essenziale sia una corretta comunicazione e un rapporto costruttivo con i media. Recentemente si è anche osservata una responsabilizzazione dell’informazione da parte del servizio pubblico, che ha anche ritenuto necessario pubblicare un “fact check” a seguito della trasmissione “Democrazia Diretta” (RSI) durante la quale sono state diffuse varie notizie false.
Di Valeria Camia