Cresce l’attenzione del mondo della Scienza rivolta alla comunicazione di ricerche che mettono in relazione la pandemia e ‘la quesitone ambientale’. Basta aprire il sito scientifico, consultabile da tutti, MDPI – che ha tra l’altro la sua “base” a Basilea – per farnese un’idea. “Anche l’Istituto scienze della Terra della SUPSI, che dedica gran parte della sua attività al monitoraggio ambientale, ha svolto la sua parte nel sensibilizzare la popolazione sulla tematica ‘pandemia e ambiente’, organizzando nel settembre 2020 un seminario divulgativo dal titolo Ripercussioni del lockdown Covid-19 sull’ambiente – ricorda Christian Ambrosi, Professore in Geologia e Direttore dell’Istituto scienze della Terra della SUPSI – “Durante questo evento, in cui erano presenti relatori di ambito internazionale, è emerso chiaramente come l’ambiente e l’ecosistema in genere abbia saputo approfittare di questa improvvisa forte riduzione della pressione antropica rispondendo in maniera sorprendentemente rapida. Le risposte più evidenti sono state un netto miglioramento della quantità dell’aria e delle acque superficiali e un aumento della presenza della fauna selvatica in ambienti tipicamente urbani”.
Professor Ambrosi, partiamo da queste vostre ricerche, ovvero da come il COVID-19 (e il suo impatto sul modo in cui viviamo e lavoriamo) influenza l'ambiente intorno a noi in una miriade di modi. Secondo lei, i media hanno colto a sufficienza l'occasione per approfondire questa correlazione?
Durante la prima ondata, il coronavirus ha costretto il mondo intero a un lockdown molto serrato con inevitabili effetti economici negativi. In questa fase l’ambiente ne ha beneficiato e il riscontro mediatico, soprattutto a fine del primo lockdown, è stato notevole. Dopo questa fase iniziale il tema dell’emergenza pandemica e dei relativi effetti socioeconomici ha di fatto “oscurato” la problematica ambientale in termini di presenza sui media e così, per esempio, temi quali l’emergenza climatica o effetti dei cambiamenti climatici hanno avuto un riscontro solo in occasione dei recenti eventi pluviometrici intensi e relativi disagi che hanno colpito il Canton Ticino con i noti eventi di alluvionamenti e frane di inizio giugno e fine luglio 2021.
Come esperto, e anche come cittadino, cosa si aspetta dall'attività di comunicazione e informazione del servizio pubblico radiotelevisivo e si può fare di più in tema di sensibilizzazione del problema ambientale?
Rispondo partendo dalla seconda parte della domanda: sì, come esperto e cittadino, mi aspetto sia fatto di più. Auspico che a essere promossa sia una sensibilizzazione affrontata attraverso un’analisi oggettiva dei fatti, senza cadere negli sloganismi o, peggio ancora, nei catastrofismi. Si dovrebbero favorire momenti pubblici di dibattito tra esperti del tema, ma anche portare a conoscenza gli studi che la comunità scientifica del territorio di pertinenza stanno svolgendo negli ambiti delle scienze dell’ambiente. In questo contesto il nostro Dipartimento di Ambiente Costruzioni e Design con i suoi cinque Istituti di ricerca è molto attivo in numerosi progetti di ricerca applicata, afferenti alle sfere della sostenibilità, dell’ambiente, della sostenibilità e dei cambiamenti climatici. La SUPSI cura molto anche la comunicazione dei risultati di queste ricerche destinata al proprio territorio di pertinenza. A titolo di esempio in questi giorni il nostro Dipartimento ha lanciato un ciclo di conferenze (Emergenza Terra. Abitare, costruire, pensare un futuro sostenibile) con lo scopo di aprire un dialogo scientifico con il pubblico per sensibilizzare la comunità su temi ambientali. In questo ambito i canali radiotelevisivi rivestono un ruolo importante nella diffusione di questo tipo di eventi. In effetti durante la prima conferenza di questo ciclo dal titolo Crisi climatica: c'è un "vaccino"? tenuta dal Professor Thomas Stocker, climatologo dell’Università of Berna, tra il pubblico erano presenti alcuni giornalisti dei media locali, che sicuramente avranno l’occasione di riprendere e approfondire questi argomenti così cari alla collettività.
Lei ha accennato al fatto che l’informazione ambientale diffusa mediante i canali della RSI, soprattutto negli ultimi mesi, sia stata orientata all’emergenza, citando i recenti eventi pluviometrici intensi che si sono abbattuti nella nostra regione. Che spazio è lasciato nei media, invece, all’analisi dei motivi alla base del dissesto ambientale?
Affrontare i temi relativi ai disastri naturali durante le fasi di emergenza è assai naturale per quanto riguarda il servizio pubblico di comunicazione ed è anche quello che il pubblico si aspetta dai media stessi. Certo è che più che mai nei momenti di crisi è doveroso vigilare sulla qualità della comunicazione scientifica per non cadere, come menzionavo pocanzi, nel catastrofismo. Nel caso del clima, per esempio, è doveroso distinguere quello che è il cambiamento climatico con effetti che potranno aversi nel medio lungo periodo da quegli eventi metereologici intensi i cui effetti sono istantanei, ma non per questo non prevedibili e che possono rientrare in una variabilità climatica tipica del nostro territorio. In questo ambito i media possono far molto nel promuovere un’informazione scientifica, trasparente e obiettiva.
Di Valeria Camia