Marco Romano, consigliere nazionale e membro della Commissione delle telecomunicazioni e dei trasporti, da anni sostiene la necessità di limitare “l’enorme disparità di risorse” tra la SSR e i privati. Che cosa ne pensa degli sviluppi dei media e del servizio pubblico più recenti? Lo abbiamo intervistato. Dopo la storica Nelly Valsangiacomo, sentiamo un’altra voce sui temi che saranno dibattuti anche l’11 maggio, in occasione dell’evento “Ti clicco, ti leggo e… ti lascio. I media e la sfida della digitalizzazione”.
Il Consiglio Nazionale ha recentemente approvato una proposta di modifica della LRTV volta a limitare i contenuti online della SSR. Qualche giorno fa la Commissione dei trasporti e delle telecomunicazioni del Consiglio degli Stati ha proposto all’unanimità di stralciare questa modifica. Lei già in una mozione del 2015 chiedeva che i siti web della SSR fossero limitati a piattaforme di contenuti audio e video relativi alle sue trasmissioni. Qual è la sua posizione oggi su questo punto?
“Siamo in piena fase di eliminazione delle divergenze. Il Nazionale vorrebbe codificare in legge regole più chiare, gli Stati con il medesimo fine vogliono lasciare la responsabilità all’azienda. Focalizzando sull’informazione, nel web l’offerta è molto vasta e variegata (chiaramente con livelli di qualità differenti, ma non tutti da denigrare). Mettendo il focus sulla realtà nazionale e su quella delle singole regioni linguistiche emerge un quadro differenziato e dinamico con una significativa presenza di attori privati che offrono un flusso continuo e approfondimenti di valore. Pensiamo alla realtà ticinese, con vari siti legati a gruppi mediatici e singole iniziative private interessanti. Legittimamente grazie al canone, la SSR dispone di una “capacità produttiva” nettamente superiore rispetto ad ogni realtà privata che cerchi di offrire un servizio simile. La disparità di risorse umane e tecniche in gioco è enorme. Di fronte a questo quadro penso che sia opportuno veicolare nell’online della SSR solo la grande offerta (informazione, intrattenimento, cultura, approfondimento, sport, ecc.) già sviluppata per i vettori tradizionali, adattandola al formato. La parte scritta può essere limitata focalizzando sulla messa a disposizione di audio e video già prodotti. In questa maniera si limita la distorsione di chi si muove senza i benefici del canone e di una struttura globale come la SSR. A beneficiarne sarebbe il complesso di iniziative nazionali e locali, con maggiore pluralità e maggiori opportunità di sviluppo”.
Come considera il fatto che il mandato della SSR prevede che il servizio pubblico sia presente dove si trova il pubblico, quindi sempre più sui media digitali?
“Nessuno mette in dubbio la presenza online. Il volume prodotto per televisione e radio è notevole e di grande qualità. Diffonderlo, riprodurlo e adattarlo ai nuovi canali (media digitali) è essenziale e il margine di sviluppo è ancora grande. Occorre tenere in considerazione lo sviluppo tecnologico e le tendenze dei consumatori portando l’offerta nei canali corretti. Come esposto, in un ambito dove gli attori privati – sia quelli finanziati anche con una parte del canone sia quelli totalmente privati – riescono a generare pluralità, la SSR deve posizionarsi con misura nell’ottica di favorire lo sviluppo di una molteplicità di offerte. Sono quindi molto scettico in relazione alle produzioni ad hoc per i nuovi media, anche perché in questo ambito il quadro normativo è molto vago ed interpretato spesso dalla SSR come una “carta bianca” per fare tutto, senza limitazioni e in direzioni che con il servizio pubblico hanno poco a che fare. Il contesto economico molto difficile per tutti i media impone che anche la SSR agisca con moderazione e parsimonia; se si compiono sforzi verso nuove direzioni occorre porre limiti altrove”.
In una recente opinione pubblicata su La Regione, la storica Nelly Valsangiacomo scrive: “Se negli ultimi decenni, il mondo politico ha richiesto importanti risparmi, di fatto indebolendo il servizio pubblico radiotelevisivo, lo stesso sembra essersi disinteressato della gestione della Ssr.[…] C’è da chiedersi se con una struttura come questa una radiotelevisione di servizio pubblico possa ancora rifarsi ai valori forti contenuti nel suo mandato e che riguardano il suo ruolo sociale. Chiederselo è urgente, poiché l’opera di smantellamento, in corso da tempo, è a uno stadio avanzato”. Che cosa ne pensa?
“Trovo nelle righe menzionate un approccio statico e ideologico. Il servizio pubblico radiotelevisivo non è stato indebolito; al contrario, in un mondo mediatico in grandissima trasformazione e difficoltà economica, ha avuto la possibilità di compiere varie trasformazioni disponendo di tutte le risorse per realizzarle ed affermandosi come leader in tutti gli ambiti a livello nazionale e regionale. In merito all’interessamento della politica alla gestione della SSR non capisco l’obiettivo: personalmente credo nell’autonomia e nella responsabilità dell’ente e mi piace pensare ad una politica che discuta liberamente e democraticamente le regole di base, senza interferire nella gestione aziendale. L’attuale struttura ha una dominanza di mercato e una potenza di risorse e qualità tali da non dover dubitare dei propri valori e del ruolo sociale; basta un’occhiata alle condizioni lavorative e salariali di tutti gli attori e alla dotazione di risorse per confutare il giudizio negativo. Parlare di smantellamento mi pare offensivo verso tutte quelle realtà che realmente vivono questi durissimi processi. La SSR è parte di questo mondo – complesso e in rapida evoluzione – e di conseguenza non ha né il diritto né la legittimità per fare astrazione dalla realtà globale e dalle tendenze in atto per tutti”.
In generale, che futuro vede per il servizio pubblico dei media in Svizzera?
“Nell’ambito mediatico il servizio pubblico avrà sempre un ruolo essenziale; il Popolo si è anche espresso con chiarezza di recente. In un Paese eterogeno e pluralista come la Svizzera ancora di più. La capacità di vivere realmente le difficili dinamiche presenti, rifuggendo dalla tesi “noi non siamo e non dobbiamo essere toccati”, è premessa essenziale per garantirsi un futuro vincente. La dinamica di redistribuzione di parte del canone anche verso “attori privati” è ormai consolidata e i risultati sono positivi. Il servizio pubblico e il diritto di affermare qualità non sono sola prerogativa della SSR, anche se questa manterrà una posizione dominante. Mi piace comunque pensare ad una dinamica di ancora maggiore collaborazione, rispetto e apertura verso l’esterno. Nell’ambito mediatico è evidente come il ruolo del servizio pubblico sia tanto più essenziale quanto il bacino di utenza è piccolo; proprio perché il potenziale per una reale pluralità si riduce in tutti i termini (pubblico, lingua, potenziale di pubblicità, ecc). Partendo da questo fatto la RSI ha notevoli carte da giocare (regione piccola, minoranza linguistica, ecc.) nei confronti delle consorelle che si muovono in spazi più ampi e con una presenza consolidata di iniziative private (riconoscendo comunque la concentrazione strategica e operativa in corso)”.
Giorgia Reclari Giampà, segretariato CORSI