Secondo i dati raccolti da Mediapulse nel primo semestre del 2018, nella Svizzera italiana l’85% della popolazione ha ascoltato quotidianamente la radio. La percentuale è scesa all’82% nei primi sei mesi del 2021 e è rimasta di poco inferiore all’81% nello stesso periodo del 2021. Il lockdown, insomma, ha comportato un calo del numero di ascoltatori delle radio in Ticino (mentre sono saliti gli indici di consumo televisivo). Meno viaggi verso il luogo di lavoro, il centro commerciale, o la meta di una gita fuori porta…l’ascolto si è spostato in casa, è diventato on demand e, spesso, via web. Gli sforzi per rimanere competitivi, richiesti alle emittenti radiofoniche tradizionali – quelle che vanno in onda dal vivo, con conduttori e programmi in diretta – non sono indifferenti. È un fenomeno globale, ma nel nostro Cantone aggravato dal fatto che “il territorio è piccolo e la concentrazione di emittenti radio svizzere è notevole”, come ci spiega Matteo Vanetti, Direttore di Radio Ticino.
Signor Vanetti, la pandemia ci ha avvicinato a modalità di ascolto radiofoniche tramite siti e app. Podcast e Spotify sono parole che ormai quasi tutti conoscono. Possiamo dire che uno degli effetti collaterali del Covid-19 sul mondo dei media è stato quello di ridimensionare il fascino della radio tradizionale?
Direi che la pandemia ha confermato una tendenza, quella della trasformazione digitale della radiofonia, che era già iniziata in tempi non sospetti. Da anni si dibatte sulla fine della radio e sulla necessità che questo medium ha di rinnovarsi per stare al passo con i tempi, prevedendo e ampliando l’offerta di un contenuto meno lineare e non in diretta. I mesi di lockdown hanno certamente amplificato le possibilità di seguire programmi radiofonici secondo tempi e modalità convenienti ai singoli. Anche in futuro è ragionevole pensare che si continui in questa direzione: ascoltatori sempre meno fidelizzati nei confronti di un solo canale radiofonico ma utenti attivi che cercano dal web, ad esempio, il genere di intrattenimento che più li appaga.
A fronte di questa volatilità degli ascoltatori, qual è la risposta del mondo radiofonico?
La tendenza che osservo nel nostro Cantone è quella di limitare lo spazio per la sperimentazione. Le faccio un esempio: oggi è molto rischioso mandare in onda speaker radiofonici alle prime armi o proporre musica che non sia “mainstream”. Basta uno sbaglio di chi parla, un tono di voce poco coinvolgente o un brano poco noto, ed ecco che l’ascoltatore prontamente cambia stazione radiofonica, con un semplice click. Bisogna “coccolare gli ascoltatori”, dare loro un certo tipo di sicurezza e garantire gli standard ai quali sono abituati. È un problema che riguarda tutti, sia radio private e commerciali che fanno i conti con le vendite degli spazi pubblicitari, sia il servizio pubblico che riceve contributi federali. Oggi è chiaro a chiunque ascolti le principali radio del Canton Ticino che si sta andando verso una convergenza di generi musicali per un pubblico generalista.
Poca diversificazione, quindi. Ma così non si rischia l’appiattimento dell’offerta?
Certo! La sfida è duplice: da un lato, si tratta di tenere alto il marchio della radio, creando anche contenuti per la fruizione digitale e personalizzata. Dall’altro lato, è imperativo cercare di ritagliarsi un proprio spazio di azione, che distingua la nostra radio da tutte le altre che ci circondano. Detto in altre parole: per una sana competizione è indispensabile trovare equilibri che permettano di non fare tutti la stessa cosa e di essere, in qualche modo, complici.
A proposito di complicità, come sono i rapporti tra Radio Ticino e la RSI?
Con la RSI c’è sempre stato un buon rapporto e negli ultimi anni ci siamo avvicinati ulteriormente. Insieme, abbiamo preso posizione contro l’eliminazione del canone durante la campagna “No Billag” e promosso la raccolta fondi “Ogni centesimo conta”. Con le radio della RSI abbiamo anche condiviso momenti di festa, come le celebrazioni di Capodanni. Non da ultimo, la collaborazione si dà anche in termini di personale: ci sono collaboratori di Radio Ticino che lavorano anche alla RSI – io stesso sono stato invitato a parlare al mondo della radio a Rete 3. Spero che questa complicità non vada perduta con la nuova direzione ma, piuttosto, approfondita.
Di Valeria Camia