Dramma di Giubiasco e servizio pubblico: il commento dell’avvocato Edy Salmina
La RSI, come gli altri media ticinesi, ha parlato di “omicidio passionale” per definire l’omicidio suicidio di Giubiasco. Questa scelta ha suscitato parecchie critiche fra chi la ritiene un’espressione obsoleta e sessista, che soprattutto i media di servizio pubblico non dovrebbero utilizzare. È una reazione legittima e condivisibile oppure riflette una sensibilità eccessiva? Lo abbiamo chiesto a Edy Salmina, avvocato e già responsabile del Dipartimento informazione della RSI.
“Purtroppo penso sia una reazione giustificata. Per il nostro codice penale, quello passionale è un omicidio meno grave, tanto che può essere persino punito con una pena sospesa condizionalmente. Lo commette chi agisce per una violenta commozione o per una profonda prostrazione d’animo che però, nota bene, siano “scusabili per le circostanze”. Dire che un omicidio è “passionale” o parlare di un “dramma passionale” significa dunque renderlo in un certo senso scusabile, relativizzarne la gravità. Farlo a priori, prima ancora che un’inchiesta abbia chiarito tutti i fatti, vuole dire prendere preliminarmente una posizione oggettivamente benevola verso l’autore. In altri casi simili si parla di assassinio, vendetta o femminicidio. Stavolta no, e mi chiedo cosa ciò significhi”.
In generale condivide la modalità con cui il servizio pubblico ha trattato questo fatto di cronaca? Avrebbe dovuto dare meno informazioni? Oppure di più?
“Credo che chi ha parlato di un delitto “passionale” non si sia neppure reso conto che ciò sottintende anche un giudizio di valore. Ecco perché, anche al di là dell’episodio specifico, penso che la cronaca “nera” debba stare molto attenta a tutti gli stereotipi, sessisti ma non solo e sempre in agguato. A non veicolarli, anzitutto, ma anche a non esserne vittima. Vale per ogni informazione indipendente, ma particolarmente per il servizio pubblico”.