Oltre 450 chilometri percorsi a una velocità di 20 km/h per incontrare e raccontare gli italofoni che vivono oltre Gottardo. È l’interessante e divertente viaggio compiuto dal noto conduttore RSI Fabrizio Casati e da Julien Carton, assistente di Rete Uno, la scorsa estate a bordo del Risciò del Vigneron. Il mezzo a pedali è partito da Zurigo per raggiungere in dieci giorni Vevey, in occasione dell’apertura della Fêtes des Vignerons. Durante il percorso attraverso alcune delle più belle località del Mittelland e della Svizzera Romanda, Casati e Carton hanno effettuato nove tappe e numerose dirette radiofoniche riprese in streaming, per accogliere sul Risciò tanti ospiti e raccontare le loro storie ed esperienze. Il tutto è confluito in un documentario realizzato dalla regista ticinese Anna Spacio. Dopo il grande successo ottenuto dalla proiezione a Lugano, il “road-movie” varcherà presto le Alpi e si potrà gustare in occasione di un evento speciale promosso dalla CORSI in collaborazione con il Corriere degli italiani, in programma sabato 7 marzo alle 16.30 al Liceo artistico di Zurigo.
In attesa di maggiori dettagli abbiamo intervistato Casati, che ci ha raccontato il significato e le impressioni di questa esperienza.
Che cos’è il Risciò del Vigneron della Rete Uno RSI?
“Il Risciò nasce da un’idea di Julien Carton, assistente di Rete Uno appassionato di ciclismo e di mobilità sostenibile, che nel 2018 mi ha proposto di girare la Svizzera italiana incontrando le persone e raccontando il territorio. È un viaggio diverso, lento, durante il quale però ci si trova confrontati con la frenesia e la velocità dello stile di vita contemporaneo. Da un lato c’era il Risciò che viaggiava piano, ospitando di volta in volta le persone che si raccontavano, dall’altro siamo rimasti sempre in contatto con tutto ciò che è veloce come le dirette radio, il web e i social network.
Dopo l’esperienza nella Svizzera italiana, l’anno scorso abbiamo deciso di mettere al centro l’italofonia oltre Gottardo, partendo da Lugano e arrivando a Vevey in occasione della Fête des Vignerons. Era un evento imperdibile, che in più aveva qualcosa di speciale anche dal punto di vista dell’italofonia: la presenza del ticinese Daniele Finzi Pasca, creatore e regista delle celebrazioni. Un motivo in più per fare di Vevey la nostra meta. Durante il percorso abbiamo trovato tante persone che si sono trasferite oltre Gottardo a cui abbiamo chiesto di raccontare la loro storia e come vivono il territorio”.
Avete davvero percorso tutti i chilometri a pedali?
“Certo, c’è un documentario che lo prova! (ride, ndr.). Durante il percorso abbiamo garantito diversi collegamenti telefonici con rete Uno, Musikwelle della SRF e con La 1ère per la Romandia. È stato molto impegnativo, anche e soprattutto per Julien, che ha pedalato tutto il tempo”.
Non gli hai mai dato il cambio?
“Non vuole! Il Risciò è come un figlio per lui. Io ci ho provato ma nulla da fare”.
Chi sono gli italofoni che avete incontrato?
“Abbiamo incontrato persone davvero diverse, sia svizzeri che italiani: da una giovane ingegnera che crea protesi, a quella che allora era la presidente del Consiglio nazionale: Marina Carobbio, da una ragazza macchinista di treni che parla solo dialetto della Val di Blenio pur essendo nata e cresciuta a Baden, a un noto avvocato, passando per scrittori, poeti, registi e altro ancora. Alla fine ci siamo resi conto che molte storie avevano un elemento in comune: all’origine dello spostamento al Nord in molto casi c’è l’amore, cioè il desiderio di trovare una soluzione per convivere con il proprio partner. È stato molto bello ed emozionante incontrare queste persone e conoscere storie così diverse”.
Voi rappresentavate il servizio pubblico radiotelevisivo. Quanto è conosciuta e seguita la SSR dagli italofoni oltralpe, in particolare l’offerta in italiano della RSI?
“Il canale più conosciuto e seguito è sicuramente Rete Uno. Poi riscuotono molto interesse anche i programmi di informazione e quelli di inchiesta e approfondimento.
Personalmente sono spesso oltralpe con la trasmissione “Gustando” di Rete Uno e posso dire che le persone ci conoscono, ci seguono e hanno voglia di condividere la loro realtà. Il progetto del Risciò è nato soprattutto per raccontare come gli italofoni vivono il contatto con la realtà locale, ma anche la lontananza dalle regioni di origine.
Sulla base della tua esperienza “per strada”, che cosa puoi dire sullo stato di salute dell’italiano oltre Gottardo?
“La realtà che ho trovato mi ha davvero sorpreso. Per fare qualche esempio posso citare la quantità di ristoranti italiani che abbiamo incontrato anche nelle città più piccole o le tante persone che si sono sforzate di parlarci in italiano. Nella Svizzera francese ci riconoscevano e ci fermavano per strada salutandoci in italiano. Questo grazie allo spazio che ci ha dedicato la radio romanda. Non ho avuto per niente l’impressione di una lingua morente o poco considerata, anzi. È una cultura amata, ben presente e anche ben radicata nel territorio”.
E la Zurigo italofona come ti è sembrata?
“Zurigo è una città talmente grande e cosmopolita da poter accogliere chiunque. Poi c’è un’elevata presenza di persone che parlano italiano, a partire dagli studenti universitari ticinesi. Molti rimangono a vivere anche dopo gli studi perché la città offre tanto. Questo aiuta a mantenere viva la comunità italofona”.
di Giorgia Reclari, Segretariato CORSI