Uno dei compiti della CORSI è quello di vigilare che la RSI, attraverso i suoi programmi, favorisca, sostenga e diffonda la cultura nella Svizzera italiana.
Ma i media ticinesi, promuovono abbastanza la cultura nella nostra regione?
Lo abbiamo chiesto a Roland Hochstrasser che, dal 1996, collabora con diverse organizzazioni, occupandosi in particolare della pianificazione e gestione di progetti legati allo sviluppo del territorio, alla cultura e alle tecnologie dell’informazione. Dal 2005 è collaboratore scientifico presso il Dipartimento dell'educazione, della cultura e dello sport (DECS) del Cantone Ticino. Nel 2017 ha iniziato la collaborazione con l’Osservatorio culturale del Cantone Ticino (www.ti.ch/oc) e ha assunto la presidenza dell’Associazione musei etnografici ticinesi (www.rete-etnografica.ch).
Da anni è attivo nella promozione della cultura a livello svizzeroitaliano. Nota un'evoluzione nel tempo nell'attenzione alla cultura? È vero che si fatica ad avvicinare i giovani alla cultura?
“Ho maturato le prime esperienze sul campo a partire dalla metà degli anni Novanta, collaborando con Il Museo del Malcantone. Da allora ho sviluppato esperienze soprattutto nel settore museale: in questo contesto devo dire che il primo contatto con i giovani non è difficile, grazie a una collaborazione consolidata con le scuole. Il problema subentra laddove le istituzioni culturali non riescono a utilizzare forme e canali di comunicazione idonei per mantenere e accrescere questa relazione. Essa, se ben gestita, permette di creare nuove attività, progetti e lanciare nuove idee. Un processo di rinnovamento necessario per restare al passo con i tempi e che ci viene proprio dai giovani.”
I mass media ticinesi fanno abbastanza per valorizzare il patrimonio culturale e scientifico regionale? “L’attenzione dei mass media ticinesi è buona, anche se le sensibilità e gli interessi possono declinarsi favorevolmente per alcuni settori e negativamente per iniziative più marginali. Vi è in atto, anche al di fuori dei nostri confini, una sorta di polarizzazione dell’interesse nei confronti degli attori e degli eventi principali. Complessivamente non possiamo lamentarci: siamo in presenza di un contesto culturale molto ricco e variegato che è in grado di proporre un’offerta considerevole di eventi e iniziative. Basti pensare che l’Osservatorio culturale del Cantone Ticino ha censito sul nostro territorio 1400 operatori culturali. Non è evidente procurarsi la copertura mediatica di 9'000 eventi all’anno. Molti di loro l’hanno capito e hanno adottato metodi di lavoro sempre più professionali, elaborando comunicati stampa ben congeniati e sviluppando rapporti personalizzati con diverse redazioni. I piccoli attori sono confrontati con maggiori difficoltà: in questo senso sarebbe interessante se i mass media ticinesi fornissero maggiori informazioni –e perché no – delle vere e proprie giornate informative su come proporsi sui media, promuovendo un dialogo proattivo.”
Gli incontri, i convegni e i congressi che organizzate a livello cantonale sono sufficientemente coperti dalle emittenti radio-tv locali?
“Alcuni anni fa una domanda di questo tipo avrebbe trovato una risposta negativa: ricordo diversi convegni che erano stati ignorati dai media pur essendo di grande interesse. In questi ultimi anni la collaborazione è migliorata: questo genere di eventi oggi è spesso accompagnato da un media partner che ne garantisce la corretta visibilità. Mi sembra che i giornalisti provino sempre più interesse a coprire gli eventi organizzati sul territorio, anche per emanciparsi da un’ eccessiva standardizzazione delle informazioni diffuse. Non solo notizie di agenzie insomma, ma un contatto diretto con il territorio.”
Cosa ne pensa della CORSI, che cerca di radicare la RSI al territorio ticinese e quindi anche al suo patrimonio culturale?
“Vi sono delle analogie interessanti tra gli operatori culturali e la CORSI, soprattutto per quello che riguarda l’aspetto partecipativo e l’orientamento al dialogo con le proprie categorie d’utenza. Interessante notare che siamo confrontati a grossi cambiamenti nella fruizione dei prodotti e dei servizi proposti nei due settori: qualche decennio fa musei, biblioteche, archivi e scuole erano i mediatori quasi incontrastati tra il pubblico e i “contenuti culturali”. Oggi è ben diverso e la distinzione stessa tra produttore e consumatore è meno netta. Nel settore dei mass media assistiamo alla stessa dinamica con la moltiplicazione degli attori (Netflix, Amazon prime) e la produzione sempre più partecipativa di contenuti multimediali (Youtube, Vimeo). Il rapporto con il territorio diventa un aspetto primario per garantire continuità e originalità a quanto proposto.”
E voi cosa ne pensate?
Quali programmi culturali radio e TV ascoltate e vedete?
Vi piacciono i programmi culturali alla RSI?
Intervista di Laura Quadri.