Ospite della CORSI, la nota giornalista ha parlato del suo impegnativo lavoro e del ruolo del servizio pubblico
di Giorgia Reclari Giampà
Il giornalismo cosiddetto di inchiesta ha un ruolo fondamentale di verifica e controllo, ma è anche estremamente impegnativo, in termini di tempo e di mezzi necessari a svolgere le verifiche. Proprio per questo il servizio pubblico radiotelevisivo ha il dovere di garantire il giusto sostegno e spazio. “Il servizio pubblico è pagato dai cittadini proprio perché dà la possibilità ai giornalisti di far luce anche sugli aspetti controversi, in totale indipendenza” ha sottolineato Matteo Ferrari, membro del Consiglio regionale della CORSI, in occasione della serata organizzata dalla stessa società cooperativa in collaborazione con l’Associazione ticinese dei giornalisti il 14 settembre a Manno, che ha visto protagonista la nota giornalista italiana di inchiesta Sabrina Giannini. L’evento si inserisce nell’ambito della serie di appuntamenti promossi da ATG e CORSI incentrati su presente e futuro del giornalismo e dell’editoria, con uno sguardo ravvicinato alle particolarità del servizio pubblico. La Società cooperativa – nel suo ruolo di organo di vigilanza e di difesa dei valori del servizio pubblico – si impegna infatti nella promozione di occasioni di dialogo e incontro su queste tematiche. E il giornalismo di inchiesta ne è un esempio. Come ha sottolineato anche Roberto Porta, presidente dell’ATG, “I giornalisti di inchiesta sono i virtuosi della loro categoria. In questi tempi difficili per tutti i media, in cui si assiste a un calo delle entrate pubblicitarie aggravato dalla crisi del coronavirus, rinunciare ai virtuosi è per molti una tentazione, ma è anche un grande rischio”. In questo senso il servizio pubblico, che ha un mandato chiaro, deve continuare a garantire un’offerta giornalistica di qualità.
“Anzi, dovrebbe fare molto di più” secondo Giannini, che è co-fondatrice della storica trasmissione Report su Rai 3 e dal 2016 è autrice e conduttrice di “Indovina chi viene a cena”, sempre su Rai 3, un programma incentrato su temi ambientali, di alimentazione, salute e sostenibilità. A lei si devono inchieste clamorose, che hanno fatto discutere: dal mercurio nell’amalgama dentale all’olio di palma, dalle oche spiumate vive per i piumini agli “schiavi” del lusso made in Italy, passando per l’abuso di antibiotici nell’allevamento e naturalmente anche per il coronavirus. “Il giornalismo deve essere finanziato, servono un sacco di soldi per andare a verificare davvero le cose – ha ribadito – Io ho impiegato anche 6 mesi per concludere le mie inchieste più importanti, perché per essere rigorosi e inattaccabili bisogna andare sul posto e vedere le cose di persona”. Secondo lei il servizio pubblico radiotelevisivo italiano dovrebbe investire molto di più nella formazione di giornalisti di inchiesta. “Ma noi siamo una categoria che causa solo rogne: azioni legali milionarie (anche se le vinciamo tutte), telefonate, pressioni degli inserzionisti”.
Azioni legali, pressioni e pubblicità
Proprio gli inserzionisti sono, secondo Giannini, un grosso problema per l’indipendenza. “La tv pubblica non dovrebbe avere pubblicità. Se faccio un servizio sull’industria del latte, il giorno dopo arrivano telefonate, email, minacce legali dalle industrie interessate. Però quando chiedo i contraddittori spariscono tutti. Perché?”. Secondo lei le pubblicità dovrebbero essere bandite dai media pubblici e lo Stato dovrebbe pagare di più per sostenere un giornalismo di qualità (una soluzione che non sarebbe applicabile in Svizzera, dove il servizio pubblico radiotelevisivo è pagato dai cittadini tramite il canone, ma dove comunque il peso degli introiti pubblicitari è minore in percentuale rispetto a quello italiano).
Giannini ha poi ricordato la particolarità di Report, “l’unica storica trasmissione di inchiesta in Italia”, che era composta unicamente da giornalisti freelance. Inizialmente si trattava di una questione di contenimento costi, ma poi questo sistema si è rivelato più agile rispetto alla macchina della televisione pubblica perché rende più autonomo e libero il giornalista. Il rovescio della medaglia è però l’assenza di una protezione giuridica contro le azioni legali. “Comunque, nonostante tutte le pressioni ricevute, non ho mai subito censure, perché le nostre inchieste riportano solo fatti verificati e inoppugnabili” ha sottolineato. “Essere scrupolosi è fondamentale” le ha fatto eco dal pubblico Lorenzo Mammone, conduttore della trasmissione Patti Chiari in onda sulla RSI. “Abbiamo uno strumento molto potente e non siamo sopra la legge. Ma noi alla RSI non abbiamo mai avuto paura perché le pressioni che arrivano dall’esterno non arrivano sulla mia scrivania: c’è un servizio giuridico che tutela i giornalisti. Questo fa capire l’importanza del servizio pubblico”.
Dagli schiavi del lusso al coronavirus
La serata – moderata dalla giornalista Natascha Fioretti – è stata anche un’occasione per ripercorrere alcune delle inchieste più significative realizzate da Giannini, come quelle recenti sullo spillover legato al coronavirus oppure su ciò che si nasconde dietro la certificazione “benessere animale”, sempre più presente sulle etichette degli alimenti in Italia. Ma anche i servizi di qualche anno fa, che hanno fatto emergere la realtà dei laboratori cinesi clandestini in Italia che confezionano gli articoli per le firme italiane della moda. A parlare di questo tema è stata invitata sul palco anche Anna Bernasconi, giornalista ticinese che lavora per la trasmissione della RSI Falò e che ha realizzato inchieste sul filone svizzero del business dei grandi gruppi della moda.
Il ruolo della CORSI
Al termine della serata Antonio Ferretti, giornalista di Falò presente nel pubblico, ha lanciato un appello alla CORSI – affinché intervenga nel suo ruolo di garante della qualità del servizio pubblico – segnalando una situazione che andrebbe monitorata: il rischio di impoverimento del settore del giornalismo di inchiesta alla RSI a causa di alcuni pensionamenti e la necessità di formare nuove leve. L’appello è stato raccolto da Francesca Gemnetti, segretaria generale della CORSI, che porterà l’istanza agli organi della società regionale.
L’intera serata può essere riguardata in streaming sul sito www.corsi-rsi.ch.
Esito della votazione dell’assemblea 2020 della CORSI
Sono stati approvati a larga maggioranza i temi in votazione all’assemblea generale ordinaria 2020 della CORSI, tenutasi in forma scritta a seguito delle disposizioni sanitarie contro il coronavirus. I soci hanno votato per corrispondenza entro venerdì 11 settembre e lo spoglio delle schede si è svolto martedì 15 settembre, sotto la supervisione del notaio Giorgio de Biasio. Dedotte alcune schede nulle o spedite dopo il termine, le schede ritenute valide sono 820, con una partecipazione del 27%.
Questo il risultato della votazione:
Approvazione del rapporto di attività 2019 del Consiglio regionale CORSI:
766 SI; 16 NO; 38 astensioni
Approvazione dei conti dell’esercizio 2019 e del rapporto dei revisori:
770 SI; 11 NO; 39 astensioni
Approvazione del discarico al Consiglio regionale:
758 SI; 13 NO; 49 astensioni
Il Comitato del Consiglio regionale ringrazia i soci per la fiducia accordata e si augura che la prossima assemblea possa tenersi regolarmente nel primo semestre del 2021.