La CORSI inaugurerà il 18 ottobre un ciclo di incontri dal titolo “Quando il leader è donna”, con personalità femminili di spicco dell’economia, della politica, della diplomazia, della scienza e della cultura svizzera. Prima ospite sarà Carole Hubscher, che nel 2012 ha preso le redini dell’azienda familiare nota in tutto il mondo, Caran d’Ache, contribuendo al successo del Made in Switzerland. Per l’occasione abbiamo voluto intervistare Laura Sadis che la conosce bene sia per motivi professionali, sia perché siede pure nel CdA della Società Mobiliare Svizzera.
Chi è Carole Hubscher e qual è il segreto del suo successo?
“È una persona aperta, empatica ma credo anche molto determinata e concentrata nel suo lavoro. Questo mix potrebbe essere il suo segreto?”
Che qualità sono richieste oggi a una donna per avere una carriera di successo?
“In ambito economico tanto impegno professionale, oltre alle necessarie capacità. Resistenza, lucidità, capacità decisionale. E, non da ultimo penso, anche intelligenza emotiva. Credo che le donne ne abbiano di più.”
Perché consiglierebbe di seguire questa iniziativa CORSI?
“Consiglierei di seguirla perché, anche se ancora minoritarie rispetto agli uomini, ci sono molte donne che svolgono funzioni di tutto rilievo nel nostro Paese: ma non le si conosce abbastanza. Le barriere linguistiche nel nostro paese accentuano inoltre questo aspetto. Viviamo in un condominio nel quale i vicini non si conoscono tanto bene. L’iniziativa della CORSI permette di allargare lo sguardo non solo sulle donne ma anche sulla Svizzera. Il Ticino tende infatti un po’ a implodere nei suoi angusti confini.”
Il sistema delle Società regionali SSR secondo Lei funziona?
“Con le ultime revisioni statutarie si sono tolte delle competenze regionali andando, comprensibilmente dal profilo aziendale, verso un modello più centrale. Ciò non toglie che le regioni che compongono la Svizzera hanno non solo lingue ma culture diverse, che devono essere tenute in considerazione da un servizio pubblico. Questo piccolo miracolo di convivenza, con la sua ricchezza nella diversità, va preservato e le società regionali sono un tassello di questa idea di Svizzera che a me piace.”
La RSI fa abbastanza per promuovere l’immagine della donna?
“Da osservatrice esterna, più che altro fruitrice dei programmi radiotelevisivi, mi sembra di poter dire di sì. Non vedo stonature particolari. Per me la parte più importante del servizio pubblico radiotelevisivo è il settore dell’informazione. Credo che la RSI sappia valutare la qualità di un giornalista indipendentemente dal sesso. Me lo auguro vivamente.”
Ritiene sufficiente la presenza di esperte femminili nei programmi d’informazione RSI?
“Sinceramente penso che si potrebbe fare uno sforzo ulteriore d’identificazione di donne esperte in vari campi. Prevalgono infatti le voci maschili. Penso in particolare ai programmi d’approfondimento informativo che affrontano dei temi di ampio respiro, non quindi legati al solo territorio della Svizzera italiana. So che molti responsabili dei programmi sono già sensibili a questo aspetto, occorre perseverare negli sforzi. Se la lingua italiana può oggettivamente limitare il bacino delle potenziali interlocutrici non bisogna temere di ricorrere a eventuali traduzioni.”
Maggiori informazioni sull'evento e iscrizione.
Intervista di Laura Quadri.