Introduzione
Il 14 giugno 2015, la modifica della Legge radiotv è stata accettata di stretta misura con il 50,1% di voti favorevoli. 19 Cantoni hanno respinto la riforma. In Ticino il fronte dei No ha raggiunto il 52%. Nel cantone dei Grigioni si sono affermati i Sì con il 50,8% dei voti. Su mandato della CORSI e della RSI, l’Osservatorio della vita politica regionale dell’Università di Losanna è stato incaricato di approfondire le ragioni del voto e di raccogliere le opinioni sulla SSR/RSI presso un campione di pubblico nella Svizzera italiana.
I risultati dello studio sono stati presentati e resi pubblici martedì 1 marzo 2016 a Comano, e si possono consultare su http://www.unil.ch/ovpr/lrtv oppure in calce a questa pagina. Per una sintesi, rimandiamo al comunicato stampa.
Approfondiamo ora alcuni punti con Luigi Pedrazzini, presidente della CORSI e Oscar Mazzoleni, direttore dell’Osservatorio della vita politica regionale dell’Università di Losanna.
LUIGI PEDRAZZINI
In qualità di presidente della CORSI, ci può spiegare come è nata l’iniziativa di svolgere un sondaggio sul voto del 14 giugno 2015 nella Svizzera italiana?
L’esito del voto nella Svizzera italiana ha suscitato commenti sia nella nostra regione che nel resto della Svizzera. C’è chi ha detto e scritto che la maggioranza degli svizzero italiani ha voluto “sanzionare” la RSI, chi ha affermato (oltralpe) che gli svizzero italiani non tengono più di tanto alla “loro” radiotelevisione, chi, ancora, ha commentato il voto sostenendo che si è rifiutata una nuova tassa… A noi è sembrato importante capire meglio le motivazioni, per raccogliere informazioni da elaborare costruttivamente per svolgere la nostra missione di rappresentanti del pubblico.
Perché vi siete rivolti all’Università di Losanna?
Perché all’interno di questa università opera l’Osservatorio della politica regionale diretto dal prof. Oscar Mazzoleni, che ben conosce la nostra realtà e che a più riprese, con i suoi collaboratori, ha dato prova di grande professionalità, competenza e indipendenza.
Dal sondaggio emerge che il numero di cittadini che esprime poca fiducia nella RSI è esiguo anche fra chi ha votato No alla revisione della legge sulla radiotv. Tenuto conto delle vicende e delle polemiche degli ultimi due mesi lo studio sembra arrivare nel momento più opportuno, quasi ad assolvere la RSI dalle critiche interne ed esterne. Allora, “tous va bien Madame la Marquise”?
Lo studio è stato commissionato prima della “bufera” che ha investito la RSI e la sua pubblicazione non ha lo scopo di calmare le acque. È vero che alcune conclusioni divergono in parte da cose che sono state dette e scritte nelle ultime concitate settimane. Io penso che si tratti oggi di prendere atto innanzitutto che il voto negativo sulla modifica della riscossione del canone non è stato determinato da un diffuso sentimento anti-RSI. C’è fiducia nell’azienda e agli svizzeri italiani importa molto del suo futuro e della futura offerta SSR. Queste constatazioni sono di stimolo per affrontare con decisione i problemi e le tensioni emersi recentemente e per ulteriormente lavorare sulla qualità dell’offerta. L’esito del sondaggio deve portare la direzione della SSR e della RSI, così come la CORSI (per quelle che sono le sue competenze), a darsi da fare per non disperdere un capitale così importante di credibilità!
I risultati dello studio evidenziano come buona parte degli intervistati che percepiscono come tendenziosa l’informazione alla RSI siano vicini alle posizioni di Lega e UDC. Si tratta di una fascia di pubblico di cui tenere conto e che alle urne può fare la differenza. Cosa dice loro?
Cercare l’oggettività è il compito di ogni giornalista serio. Per i collaboratori della RSI questo à ancora più importante perché il loro lavoro è finanziato dal canone, che con il nuovo sistema sarà pagato da tutti. Indipendenza e neutralità e essere pronti a discutere apertamente del proprio lavoro soprattutto con chi lo critica e lo considera tendenzioso è oggi un atto dovuto. Nella misura in cui questo discorso interessa la CORSI, siamo pronti a fare la nostra parte a beneficio di tutte le aree di pensiero. Mi si consenta però di aggiungere che il risultato finale non deve essere una RSI che si lascia condizionare e rinuncia a lottare per una comunicazione completa e trasparente! Alla CORSI sta a cuore l’oggettività, e allo stesso modo anche la professionalità e l’indipendenza dei giornalisti RSI.
L’80% degli intervistati concorda sul fatto che il servizio pubblico di qualità ha i suoi costi. Contemporaneamente l’84% è convinto che l’informazione non debba dipendere da interessi commerciali, quindi debba essere finanziata con fondi pubblici. Se nel 2018 il canone venisse davvero abolito, come si potrebbero conciliare queste due posizioni?
Sarebbero di fatto inconciliabili! Bene perciò capire, come sembra essere il caso per la maggioranza degli svizzero-italiani, che l’esistenza di un servizio pubblico radiotelevisivo ha, fra gli altri, lo scopo di garantire una voce giornalistica indipendente e di qualità ed è comunque soggetto, a differenza di entità private, a una vigilanza istituzionale.
La CORSI come intende utilizzare i risultati di questo studio? Pensa che potrà modificare alcune lacune rimproverate alla RSI?
La CORSI è ponte fra la RSI e la Svizzera italiana. Questo studio è fonte di molte informazioni da far transitare sul “ponte”, non tanto per modificare lacune ma per avere una RSI che conosce a fondo le aspettative del suo pubblico e che è capace di considerarle nella sua offerta mantenendo al contempo un respiro nazionale.
OSCAR MAZZOLENI
Lei è direttore dell’Osservatorio della vita politica regionale dell’Università di Losanna e nel contempo è membro del Consiglio regionale della CORSI. Non pensa che l’aver accettato di svolgere questa inchiesta possa comportare un conflitto di interessi?
Il mandato è stato attribuito all’Università di Losanna e non al sottoscritto. Il CR della CORSI, di cui faccio parte, non è stato chiamato in alcun modo a pronunciarsi in merito all’opportunità di attribuire questo mandato. Non è stato quindi nemmeno necessario ricusarmi (cosa che ovviamente avrei fatto). Nel collaborare allo svolgimento del mandato sono stato chiamato a rappresentare prima di tutto l’Università e a rispettare le sue regole di autonomia e di deontologia scientifiche. Anche quando nel passato lavoravo in un dipartimento nell’amministrazione cantonale ticinese - ovviamente targato politicamente - ho sempre fatto prevalere l’autonomia scientifica alla partigianeria.
Il sondaggio è finanziato dalla CORSI e dalla RSI per un ammontare di poco meno di 50.000.- fr. Non è un costo eccessivo?
L’Università ha un proprio tariffario. Per un’indagine di questa ampiezza e qualità (circa 180 domande con un campione rappresentativo di 1790 persone) si tratta di un prezzo certamente concorrenziale in Svizzera. Tenga conto che l’inchiesta è “chiavi in mano”, nel senso che tutti i costi sono compresi, dalla raccolta alla digitalizzazione dei dati, fino all’analisi e alla elaborazione del rapporto di ricerca. Inoltre, con questo tipo di mandati l’Università di Losanna chiede, nel far valere la propria reputazione d’istituzione accademica, che il committente si assuma una parte dei costi fissi dell’infrastruttura (overheads).
Come si è svolto il lavoro?
Una parte dei lavori è stata svolta dalla nostra équipe di Losanna, con l’aggiunta di una studentessa. Andrea Pilotti, Carolina Rossini e Virginie Debons hanno assicurato l’elaborazione dei dati statistici e la redazione del rapporto di ricerca. Personalmente, ho supervisionato il tutto. I compiti che abbiamo potuto o dovuto esternalizzare (spedizioni, tipografia, digitalizzazione) sono stati svolti facendo capo a ditte e persone attive nella Svizzera italiana.
Dopo le vicissitudini che ha attraversato la RSI negli scorsi mesi, questo sondaggio resta sempre attuale? Altrimenti detto, se si dovessero porre oggi le medesime domande al pubblico, il risultato sarebbe verosimilmente lo stesso?
Difficile fornire una risposta generale. Un’inchiesta di opinione è sempre un’istantanea e le opinioni sono suscettibili di cambiamento in funzione del mutamento del clima generale e, nel caso di un voto, dei contenuti della campagna. E’ bene comunque distinguere le opinioni fra loro. E’ probabile che l’opinione da molti condivisa ancora nel settembre 2015 dell’esistenza di privilegi particolari dei dipendenti RSI non avrebbe lo stesso tenore oggi. Altre opinioni, meno toccate dall’attualità, che attivano valori o principi di fondo condivisi dalle persone, possono rimanere attuali, come ad esempio quella che riguarda il diritto ad un’offerta comparabile in tutte le principali regioni linguistiche del paese.
Fino a che punto l’appartenenza a aree politiche condiziona la percezione del servizio pubblico nella Svizzera italiana? Da politologo, ritiene che sia inevitabile?
A livello svizzero, con il sondaggio Vox, nella Svizzera italiana, con la nostra inchiesta, abbiamo visto che il voto del 14 giugno è stato segnato in modo rilevante dalle appartenenze politiche. Che lo si voglia o no, quello del canone radiotv è un tema politicizzato. Occorre però capire come il dibattito sul servizio pubblico che si annuncia a breve potrà essere letto come una questione che divide il centro-destra dal centro-sinistra. Nulla è scontato, anche perché abbiamo rilevato che una parte dei cittadini non ha ancora un’opinione chiara su alcune questioni significative, comprese quelle legate al funzionamento delle aziende di servizio pubblico.