Entro la fine del prossimo anno (verosimilmente nei primi sei mesi) i programmi SRG SSR non saranno più diffusi sul digitale terrestre (DVB-T). La decisione, presa lo scorso 29 agosto dal Governo federale, di spegnere le circa 200 antenne che diffondono il segnale via etere, avrà un impatto minimo per i residenti della Confederazione ma inevitabilmente è destinata a penalizzare i numerosi telespettatori che seguono i programmi diffusi dalle reti svizzere nelle province di Como, Varese e Verbano-Cusio-Ossola. Ne parliamo con Andrea Costa, esperto di comunicazione presso lo staff tecnico dell’Università Bocconi, nonché autore di un recente approfondimento sul tema sul Corriere del Ticino (vedi sotto), per la rubrica che tiene settimanalmente “Oltre la frontiera”:
In un recente incontro con Attilio Fontana organizzato dalla CORSI, ci è sembrato che il Governatore della Regione Lombardia sottolineasse in modo particolare l’apprezzamento della RSI anche in Italia. Secondo Lei, la SSR non ha tenuto conto che perdeva del pubblico?
“Quando è uscito il mio articolo sul Corriere del Ticino, mi è stato fatto notare dalla Direzione della RSI che l’abbandono dello standard DVB-T è dettato dalla nuova concessione, probabilmente per rimarcare che è una decisione presa a livello politico. Io intendo evidenziare le conseguenze di questa scelta, non mi interessa cercare un responsabile. Credo che Fontana interpreti l’umore di noi lombardi di frontiera. Del resto sarebbe strano il contrario, essendo lui stesso di Varese. Non abbiamo mai davvero considerato la RSI una televisione straniera, è sempre entrata nelle nostre case e i suoi programmi sono commentati in famiglia e tra amici come quelli italiani. Non solo: anche la Rai ha sempre accettato la presenza sul territorio dei canali elvetici. C’è dell’ironia nel fatto che in Ticino la RSI è spesso (e a volte ingiustamente) criticata mentre da noi l’immagine della televisione svizzera è eccellente. Non so se ciò sia considerato importante dai vertici della SSR ma tenderei a ritenere di no.”
Nel suo articolo, lei avanzava anche l’ipotesi che la scelta fosse anche conseguenza del dopo 4 marzo. È così? Lei accenna anche ad un problema di concorrenza. Secondo Lei, la SRG/SSR voleva togliersi da una situazione scomoda?
“Era stata la SRG/SSR stessa a mettere in relazione lo spegnimento delle antenne DVB-T con le minori entrate. Quanto alla concorrenza con le televisioni a pagamento italiane, è noto che alcuni eventi sportivi siano visti “di contrabbando” anche nei territori di confine. È plausibile che ci siano state pressioni su Berna da parte di queste emittenti ma la domanda andrebbe girata alla SRG/SSR.”
Secondo Lei, la SRG/SSR ha incominciato a credere meno nel suo ruolo di ambasciatrice di cultura elvetica? E questo è concepibile per un servizio radiotelevisivo pubblico nazionale?
“Stiamo assistendo a un paradosso: la Svizzera è sempre più integrata dal punto di vista economico con il resto d’Europa ma non riesce a fare lo stesso in ambito culturale. Questo è vero anche per la Svizzera italiana, anzi soprattutto per una comunità così piccola che è spesso vittima della tentazione di definirsi per ciò che non è (né Italia né Svizzera tedesca) senza interrogarsi abbastanza su ciò che è. La SRG/SSR, che in passato vedeva di buon occhio la diffusione del suo segnale in Italia, proprio come veicolo di integrazione tra i due versanti del confine, oggi sembra effettivamente sottovalutare questo aspetto. La Lombardia non è “estero” come lo è la Lettonia, eppure saremo trattati esattamente alla stessa stregua. Così ci perdiamo tutti.”
Regionalismo e autoreferenzialità tra i rischi. Come potrebbe farvi fronte, dopo questa scelta, la RSI?
“La RSI è chiamata a uno sforzo di creatività e di coraggio per tentare di limitare questi rischi che io vedo molto forti. Non sarà facile ma è importante provarci. Fortunatamente una parte del pubblico nella Svizzera italiana è cosciente della necessità di contare di più nello spazio culturale di lingua italiana e anche a questa fascia culturalmente più solida è richiesto un impegno in questo senso magari proprio con l’appoggio della RSI. D’altro canto purtroppo le figure “ponte” che collegano Svizzera italiana e Lombardia sono rarissime. Bisognerebbe approfittarne di più.”
Intervista di Laura Quadri.