
Le Giornate del cinema di Soletta, che quest’anno festeggiano il sessantesimo anno di vita, sono un appuntamento imperdibile per tutti gli appassionati del cinema svizzero, poiché è in questa cornice che viene raccolta la selezione più rappresentativa di lungometraggi, cortometraggi e documentari prodotti in Svizzera. Il festival alterna momenti di proiezione a momenti pubblici di incontro e discussione – fra i quali anche le tavole rotonde intitolate Fare Cinema – che puntano a suscitare il dibattito a seguito della visione delle pellicole.
Dall’estate del 2022 il direttore artistico di questa importante rassegna cinematografica è Niccolò Castelli – direttore anche della Ticino Film Commission – che abbiamo avuto il piacere di intervistare a margine della sessantesima edizione del festival.
Caro Niccolò, quale direttore artistico hai l’onere e l’onore di dirigere un anniversario importante per questa rassegna. Come sta andando? Quali sono le principali novità di questa edizione?
Quest’edizione per ora sta andando molto bene, dovremmo registrare numeri anche più alti dello scorso anno, anche se dati ufficiali non ne abbiamo ancora. L’atmosfera multilingue che si respira è molto bella e una delle particolarità di questo evento culturale è proprio la rottura delle frontiere tra i cineasti e il pubblico, che permette un rapporto più orizzontale tra chi produce e chi fruisce del cinema. Per questo anniversario abbiamo deciso di fare una retrospettiva non su un regista o un genere, ma piuttosto su una regione che tutti qui ben conoscono: il Giura. Grazie anche alla collaborazione con il Kunstmuseum di Soletta siamo riusciti a organizzare una rassegna completa sull’immaginario dell’arco giurassiano nell’arte visiva.
Il cinema da anni deve affrontare la grande sfida della distribuzione digitale dei grandi gruppi di distribuzione streaming. Come reagisce un festival come quello di Soletta a un tale cambiamento delle abitudini degli spettatori?
È un problema che naturalmente ci siamo posti. La nostra reazione è la parola “incontro”. L’atmosfera di Soletta crea come dicevo un ambiente piacevole e di scambio attorno alla proiezione cinematografica, che lo streaming non permette: condividere pensieri ed emozioni prima o dopo la visione di un film o un documentario non è un elemento secondario in questi contesti culturali. Inoltre va aggiunto che i giovani spettatori si sentono coinvolti anche per le tematiche presenti a Soletta: non è raro infatti trovare qui film che affrontano temi che interessano i giovani spingendoli a frequentare l’evento.
Da sempre le Giornate del cinema di Soletta sono un luogo d’incontro non solo tra registi e pubblico, ma anche tra culture, lingue e regioni diverse. Puoi farci una breve panoramica delle produzioni provenienti dalla Svizzera italiana?
Numerose sono le produzioni, ma ne scelgo due che mi hanno particolarmente colpito. Il primo è il documentario Il ragazzo della Drina di Zijad Ibrahimovic che racconta la storia di un giovane che dopo essere fuggito dalla Bosnia-Erzegovina, ripercorre un ritorno alle radici per riscoprire la sua identità ; il secondo, Osteria all’undici di Filippo De Marchi, parla della storia del regista e della sua esperienza di re-inserimento professionale, a seguito di un burn out. Si tratta di due opere che danno un po’ l’idea di quanto anche il nostro cinema sia di orizzonti ampli e contemporanei e collabori a un’idea di Svizzera italiana senza frontiere.
Il servizio pubblico – e in particolare la RSI se restiamo all’interno dell’ambito della Svizzera italiana – ha a cuore il sostegno e la promozione del cinema d’autore. Come valuti il suo contributo nell’aiuto alla produzione di pellicole provenienti dalla Svizzera italiana?
Il suo contributo, come quello della SRG SSR è fondamentale, per il nostro cinema e ne sono prova i due documentari di cui parlavo prima che sono co-prodotti con RSI. Vi sono dei progetti molto validi che grazie alla co-produzione con la RSI riescono a finanziarsi. Le giornate cinematografiche di Soletta, d’altro canto, offrono spazio a produzioni (anche tv) mettendole in vetrina in un’offerta molto ampia in cui è difficile farsi notare dal pubblico.
Tornando su un piano più nazionale, la SSR è da anni media partner delle Giornate cinematografiche di Soletta. In che misura contribuiscono le produzioni SSR al programma del festival e in quale misura il servizio pubblico contribuisce alla realizzazione di questa rassegna?
La SRG SSR è importante per la realizzazione della rassegna ma in generale per il cinema svizzero; non solo è media partner di questo e altri festival, ma attraverso le sue co-produzioni contribuisce alla creazione indipendente di tutte le regioni linguistiche e in diversi formati, anche nelle regioni più periferiche del Paese.
Oltre a essere direttore artistico a Soletta, sei anche direttore della Ticino Film Commission. Come sta il cinema ticinese oggi? Provenire da una realtà linguistica di minoranza è un mero svantaggio o in ambiti meno commerciali può rappresentare un plusvalore?
La produzione cinematografica svizzera italiana sta abbastanza bene, ma il momento non è facile. La nostra è una realtà in cui il sostegno alla creazione indipendente non è sufficiente, soprattutto con i costi che sono in aumento. Le produzioni della Svizzera italiana difficilmente hanno un grande successo commerciale, data la forte concorrenza con l’Italia e la differenza linguistica con le altre regioni svizzere. È un cinema di grandi professionisti, dove si lavora bene e che spesso crea pellicole molto apprezzate, anche nei festival internazionali. Il cinema della Svizzera italiana, malgrado le sue difficoltà economiche e strutturali, è un creatore d’identità e questo è un plusvalore che non va dimenticato, ma anzi incentivato anche a livello di sostegni pubblici.