Di cosa parla il documento programmatico della CORSI? Più voci si sono levate per commentare le presunte intenzioni della CORSI derivanti da questo documento. L’ultima in ordine di tempo è quella autorevole di Enrico Morresi (leggete QUI), socio di lunga data della CORSI e già presidente della Fondazione del Consiglio della stampa svizzero, organismo con un numero complessivo di membri funzionale ai compiti deliberativi e consultivi, come avviene anche per la CORSI. Oltre a sollevare dubbi sulla «quantità» dei componenti degli organi CORSI, suggerendo che ne basterebbero anche meno a costi ridotti, si ripropone il tema delle «mani sulla RSI» che vorrebbero mettere i neoeletti dall’assemblea della CORSI, in virtù del documento programmatico allegato alla convocazione assembleare.
Per inciso, l’assemblea generale di una società cooperativa sarà pure per taluni un «rito celebrativo» ma, oltre a essere un atto dovuto per legge (Codice delle obbligazioni), quale organo principale della società l’assemblea è l’occasione per il corpo sociale di esprimersi e dare indicazioni sull’agire della società a cui aderisce. Rettamente Enrico Morresi ricorda che i soci della CORSI sono attualmente quasi 3.000. Dal 2010 (anno in cui si è concretizzata la riforma delle strutture) al 2018 essi sono aumentati di 675 unità, come si legge sul rapporto annuale che riassume in cifre e fatti il lavoro svolto nel 2018.
La missione affidata agli organi della CORSI eletti dall’assemblea ha subito, dopo la riforma delle strutture del 2008, un riorientamento. Non più la gestione dell’azienda RSI e delle sue nomine, bensì la funzione di organo intermedio, organizzato, che dia voce ai cittadini interessati al servizio pubblico RTV. Una struttura alla quale è data facoltà dalla legge (la medesima legge che tutela e blinda l’autonomia giornalistica e la libertà di stampa) di esercitare un controllo democratico sulla qualità dei prodotti realizzati con il canone, di interloquire con l’azienda riguardo agli affari importanti che toccano i programmi, di dibattere sui principi del servizio pubblico audiovisivo. In particolare, come prevedono l’art. 2 dei suoi statuti e l’art. 4 di quelli della SSR, la CORSI «segue i programmi e l’ulteriore offerta editoriale della RSI stabilendo il loro orientamento e vigilando sulla loro qualità».
Chi è eletto in assemblea assume consapevolmente la responsabilità di questi compiti, sia esso esponente politico, quindi legittimato a rappresentare una fetta di cittadini elettori, sia esso rappresentante di associazioni o gruppi di interesse del territorio. Lo fa in regime di milizia quindi con un servizio senza finalità di lucro. Ma anche chi agisce di milizia deve sapere che sono attese preparazione e impegno di tempo, interesse spiccato per i temi legati ai media e per l’evoluzione tecnologica e sociale (notizie online, frammentazione del pubblico, concorrenza dei social media, ecc.) innegabilmente in atto. Di contro, chi agisce di milizia è in diritto di attendersi che il lavoro prestato per svolgere la missione affidatagli risulti efficace, sia preso sul serio e centri gli obbiettivi che l’assemblea ha prospettato.
Di questo parla il documento in questione e di questo ha intensamente discusso nel 2018 e nel primo trimestre del 2019 l’attuale compagine della CORSI, Consiglio regionale e Consiglio del pubblico. L’intento è stato quello di delineare alcune piste, frutto dell’esperienza maturata negli ultimi otto anni, e della discussione in atto anche tra le altre consorelle regionali. Sono destinate a far riflettere il corpo sociale della CORSI e anche chi fosse interessato a rivestire un ruolo attivo nei suoi organi. Sono state esposte con trasparenza, sia nelle conclusioni del documento inviato a tutti i soci e presentato alla stampa, sia mediante un resoconto degli spunti emersi dalle riunioni (allegato al documento). Vi si ribadisce il carattere distintivo del servizio pubblico svizzero: quello della facoltà di vigilare sui prodotti e di interagire con l’azienda concessionaria (e non con ogni singolo collaboratore della stessa!) da parte di un organismo rappresentativo dei cittadini, democraticamente eletto. Vi si propone di rivalutare e dare più costruttiva applicazione allo spazio di interazione e cognizione previsto dagli statuti societari, visto che il ruolo delle società regionali della SSR non è quello di un fan club. La concessione attuale prevede formalmente per la SSR un dialogo costante con la popolazione, e questo dialogo non può prescindere da un approccio anche critico verso la qualità dei programmi (gli appunti di Morresi sugli svarioni rilevati ne sono esempio), che non può essere svolto dall’azienda stessa né dall’autorità indipendente di ricorso. Vien da chiedersi perché questa premessa, via via esplicitata nel documento, vale a dire la volontà di svolgere più efficacemente i compiti assegnati dai nuovi statuti del 2010, e di darsi gli strumenti adeguati, abbia scatenato l’allarme invasione per taluni, o la squalifica della CORSI per altri, perché non serve.
Se guardiamo oltreconfine, a svolgere questo ruolo di vigilanza – previsto imperativamente da ogni legislazione europea sul servizio pubblico – sono controllori nominati direttamente dal Governo, dal Ministero delle finanze (che salda il canone) e dal Parlamento. Così certo si soprassiede ai «riti assembleari» che non servono più, dato che vengono direttamente insediati delegati a cui sono assegnate funzioni decisive sull’operatività dell’azienda e sull’impatto dei programmi. La CORSI, quale società regionale della SSR, non ha questi poteri, né li vuole rivendicare. Una rilettura attenta di quanto sta scritto nel documento potrà senz’altro generare suggerimenti per migliorare e attualizzare l’esercizio dei suoi compiti: e questo era il proposito iniziale, che verrà trasmesso ai nuovi eletti con la richiesta di approfondire le varie opportunità. L’intervento di Enrico Morresi rilancia il dibattito, continuiamolo.
Fonte: Corriere del Ticino, 9 luglio 2019