Gli eventi che si svolgono nella Svizzera italiana e in Romandia hanno una risonanza quasi nulla sulle stazioni della radio svizzero tedesca SRF. Dal 2014 infatti, rappresentano solo il 2% ogni anno dell'insieme delle informazioni trasmesse, come ha indicato di recente Publicom in un'analisi dei programmi realizzata su mandato dell'Ufficio federale delle comunicazioni (UFCOM). Ma la nuova Concessione federale, che entrerà in vigore da gennaio 2019, parla chiaro: lo scambio tra regioni linguistiche deve aumentare.
Abbiamo chiesto a Reto Ceschi, Responsabile Dipartimento Informazione RSI, di commentare a questo proposito la situazione attuale:
“La RSI ha il compito di raccontare la Svizzera. Lo fa con grande convinzione, lo fa con piacere. Partiamo dalla Svizzera italiana, dal Ticino, ma inseriamo costantemente la realtà a noi più vicina nel contesto nazionale. Tutte le analisi fatte nel corso degli anni lo dimostrano: la RSI è l’unità aziendale che guarda con maggiore attenzione alle altre regioni linguistiche del paese. Perché siamo più piccoli certo, ma anche e soprattutto perché la nostra legittimazione passa da questa appassionante e costante scoperta di un paese in profondo cambiamento. La Svizzera è interessante per chi ci vive, non è solo una realtà con una storia un po’ esotica per chi la osserva da lontano. Noi la Svizzera la raccontiamo, la facciamo incontrare, la spieghiamo. E vogliamo farlo sempre meglio. È questo il nostro contributo alla coesione nazionale. È questo il nostro impegno per il futuro.”
La statistica indica inoltre che cinque delle sei stazioni della SRF si concentrano praticamente in esclusiva sulla Svizzera tedesca e romancia; unica eccezione SRF 4, che dedica alle regioni linguistiche latine il 4% dei propri contenuti. Chi è che non cerca il dialogo? La RSI o le altre reti nazionali?
“Noi cerchiamo il dialogo. Lo abbiamo sempre fatto e continueremo a farlo. È nella nostra natura di unità aziendale che ha come obiettivo raccontare la Svizzera, non solo la Svizzera italiana. Troviamo ascolto ma è giunta l’ora di cambiare passo, dall’ascolto si deve andare verso una collaborazione più stretta. Ci sono segnali incoraggianti che vanno rafforzati.”
È un problema di collaborazione o piuttosto di competizione e concorrenzialità?
“Bisogna migliorare la comunicazione e potenziare gli scambi. Competizione e concorrenza non sono fattori importanti in questo contesto.”
Cosa può trarre la RSI dal confronto con le altre reti nazionali? Viceversa, cosa può dare la RSI ai colleghi d’oltralpe?
“Noi, dalla collaborazione, traiamo grandi benefici. Conosciamo nuovi e diversi formati, abbiamo più storie da raccontare, ci misuriamo in un contesto nazionale e non solo regionale. La RSI è Svizzera, non solo Svizzera italiana. Alle altre unità aziendali possiamo mostrare come, con risorse più limitate, si possa realizzare un’offerta attrattiva. Possiamo porre alla loro attenzione tematiche che sfuggono ai loro radar. Con la collaborazione e il dialogo che stiamo rafforzando ci saranno risultati positivi per tutti.”
La RSI è conscia di questo problema, se ne discute al suo interno o si preferisce “non vedere” e andare per la propria strada?
“Se ne parla e, come detto, si affronta la questione in modo attivo.”
In merito a questo problema, cosa si può migliorare in seno alla RSI?
“I collaboratori della RSI sono invitati a partecipare attivamente ai gruppi nazionali, ad attivare costantemente i loro contatti, ad esprimere i nostri valori e a mostrare agli altri ciò che facciamo.”
Qual è secondo Lei il ruolo delle società regionali SSR – e quindi della CORSI- verso i programmi di servizio pubblico?
“Conosco ovviamente la Corsi e so di che cosa si occupa. Le società regionali hanno anche loro un ruolo importante nella coesione nazionale. Da parte sua, mi aspetto un’analisi regolare e rigorosa della nostra offerta, come accade ormai da tempo, e una disponibilità all’ascolto.”
Intervista di Laura Quadri.