Con il crollo degli introiti pubblicitari tra il 60 e il 95 per cento a seguito della crisi del coronavirus, nel giro di poco tempo la già difficile situazione economica dei media svizzeri è divenuta drammatica. E ciò proprio in un momento in cui la domanda del pubblico di avere informazioni costanti è quanto mai forte. Il tema ha fatto molto discutere ed è approdato anche sul tavolo della politica federale. Il Consiglio federale ha recentemente proposto misure strutturali – slegate cioè dalla crisi contingente – in favore sia della SSR (il servizio pubblico radiotelevisivo) che dei media privati. Non appare disposto ad andare oltre, nonostante numerose voci, sostenute anche da atti parlamentari, chiedano misure d’emergenza per contenere le gravi perdite generate dalla crisi sanitaria.
Per la SSR 50 milioni in più
Il 16 aprile il Consiglio federale ha deciso di aumentare di 50 milioni, a partire dal 2021, la quota dei proventi del canone destinata alla SSR. Tale contributo compenserà in parte il calo di introiti pubblicitari degli scorsi anni e garantirà il mandato di servizio pubblico della SSR in virtù della Concessione. Il piano di riforme e riduzione dei costi messo a punto dalla SSR proseguirà comunque. Il pacchetto prevede anche la riduzione del canone radiotelevisivo per le economie domestiche, che scenderà dagli attuali 365 franchi a 335 franchi. Anche il mondo economico sarà sgravato. Con l'affinamento della struttura tariffale del canone a carico delle imprese, il 93 per cento delle aziende assoggettate pagherà meno.
Nell'autunno 2017 il Consiglio federale aveva deciso di ridurre il canone radiotelevisivo e al contempo di limitare la quota dei proventi del canone destinata alla SSR a 1,2 miliardi di franchi all'anno. La SSR ha pertanto elaborato un piano di riforme e riduzione dei costi del valore di 100 milioni di franchi, che nel 2019 ha dovuto essere incrementato di altri 50 milioni per sopperire al drastico calo delle entrate pubblicitarie, portandolo così a 150 milioni. Anche per l'anno in corso la SSR, come del resto l'intero settore dei media, prevede entrate pubblicitarie in netto calo.
Nonostante l’innalzamento della quota parte del canone di 50 milioni dal 2021, l'attuazione del piano di riforme e di riduzione dei costi messo a punto dalla SSR continuerà come previsto. Le ripercussioni finanziarie dell'attuale emergenza di Covid-19 non sono infatti ancora quantificabili, ma saranno probabilmente dell'ordine di decine di milioni di franchi.
L’opinione di Luigi Pedrazzini
Secondo Luigi Pedrazzini, vicepresidente del CdA della SSR e presidente della CORSI, va innanzitutto chiaramente detto che la recente decisione del Consiglio federale di aumentare il limite di prelievo del canone a beneficio della SSR da 1.2 a 1.25 milioni non è conseguenza della crisi in atto del coronavirus ma è frutto di una riflessione avviata dalla stessa SSR dovuta al calo importante delle entrate commerciali e in particolare degli introiti pubblicitari.
Questa riduzione ha reso necessari interventi di risanamento e di contenimento dei costi, che in parte hanno messo in discussione la capacità della SSR di adempiere alla missione di servizio pubblico.
Quindi “aldilà della decisione del Consiglio federale bisognerà comunque impegnarsi per la riduzione dei costi e sarà importante disporre di questi 50 milioni in più anche per finanziare delle ristrutturazioni necessarie per mantenere alta la qualità dell’offerta SSR. In questo senso la decisione del Consiglio federale è da considerare positiva così come quella di ridurre il canone per il pubblico, di ridurlo anche per le aziende”.
I privati insoddisfatti
Le emittenti radiotelevisive private sono però insoddisfatte. Nell’ambito della decisione di sostegno alla SSR, il Consiglio federale ha comunicato che le 34 emittenti private concessionarie del canone continueranno a ricevere il 6 per cento dei proventi. Il contributo sarà maggiore visto il leggero aumento degli introiti del canone (0.6 milioni per le radio e 1 milione per le televisioni).
Secondo Filippo Lombardi, presidente di KS/CS Comunicazione Svizzera e vicepresidente del Gruppo Corriere del Ticino, intervistato dalla CORSI questo incremento “è un palliativo”. “Il problema – sottolinea - è che i media possono far capo al lavoro ridotto solo in parte, perché in questo momento sono chiamati ad adempiere al loro ruolo di servizio pubblico, informando correttamente la popolazione sull’emergenza sanitaria. Quindi lavorano di più e guadagnano molto meno. Secondo un comunicato congiunto di Telesuisse, dell’Associazione delle radio private svizzere e delle Radio regionali romande, gli ascolti sono aumentati parecchio. A titolo esemplificativo: le tv regionali hanno registrato un incremento del 40%. Le associazioni hanno quindi inviato un appello urgente al Parlamento federale per ottenere misure straordinarie di aiuto (per un totale di circa 60 milioni).
Il Governo: “No a misure d’emergenza”
Il Consiglio federale però ha detto chiaramente di non voler ricorrere alla legislazione d’emergenza se non strettamente necessario. Qualche settimana fa era emerso che la consigliera federale Simonetta Sommaruga avrebbe voluto sostenere con 78 milioni di franchi il settore dei media. La proposta era però stata respinta dalla maggioranza dell’Esecutivo, che non voleva privilegiare determinati settori. Negli scorsi giorni il Governo ha per contro licenziato un messaggio contenente un pacchetto (già annunciato l’estate scorsa) con varie misure, tra cui un ampliamento della promozione indiretta della stampa (tramite la riduzione delle tariffe postali per le consegne), contributi per i media online a pagamento, per gli istituti di formazione giornalistica per le agenzie di stampa e alle organizzazioni di autoregolamentazione (Consiglio della stampa).
I privati però ritengono queste misure insufficienti per far fronte alla crisi e fanno affidamento sulla possibilità di approvazione da parte del Consiglio federale delle misure proposte in due mozioni presentate dalle Commissioni dei trasporti e delle telecomunicazioni delle due Camere federali. La prima chiede di sostenere l’Agenzia telegrafica svizzera con mezzi finanziari supplementari per diffondere gratuitamente i suoi testi, lo stanziamento dei mezzi necessari per l’invio gratuito dei giornali regionali e locali da parte della Posta e una riduzione del prezzo per il recapito degli altri quotidiani. La seconda mozione chiede che le emittenti radiotelevisive locali e regionali siano sostenute con 30 milioni di franchi in più rispetto al 2019. Questo aiuto d’emergenza può essere erogato attingendo alla riserva di fluttuazione del canone radiotelevisivo già presente.
Ma negli scorsi giorni il Governo ha raccomandato al Parlamento - riunito questa settimana per una sessione straordinaria - di respingere le mozioni e di approvare invece il suo pacchetto di misure per 50 milioni proposto mercoledì scorso. Stando al Consiglio federale, il pacchetto governativo offre un aiuto a tutti i tipi media, più mirato e durevole rispetto alle misure immediate chieste dal Parlamento. A suo avviso, un'attuazione della mozione potrebbe inoltre rischiare di causare un aumento del canone radiotelevisivo al prossimo esame delle sue tariffe.
AGGIORNAMENTO: MOZIONI APPROVATE DAL PARLAMENTO
Al momento di andare in stampa, il Parlamento non aveva ancora affrontato le due mozioni che chiedono un sostegno urgente ai media per 65 milioni. Lunedì sera 4 maggio sono state approvate a larga maggioranza dal Consiglio degli Stati, mentre il Nazionale si è espresso analogamente martedì 5 maggio. Il Parlamento le ha approvate nonostante il parere negativo espresso dal Consiglio federale.