La pubblicazione dello studio La RSI allo specchio delle opinioni dei cittadini della Svizzera italiana, curato dall’Università di Losanna e commissionato da RSI e CORSI per tastare il polso ai cittadini e al pubblico della RSI all’indomani del voto sulla modifica alla legge radiotv dello scorso 14 giugno 2015 (che, ricordiamo, nella Svizzera italiana è stata rifiutata), ha sottolineato come il 67,6% si trovi d’accordo con l’opinione secondo cui “la politica è spesso presentata in modo tendenzioso”. Tuttavia, oltre l’80% pensa anche che l’informazione nel suo complesso sia presentata in modo obiettivo. Poiché informazione (RSI) e politica sono due temi ‘caldi’ alle nostre latitudini, abbiamo chiesto al direttore dell’Osservatorio della vita politica regionale dell’UNIL prof. Oscar Mazzoleni, coordinatore dello studio, come interpretare correttamente questi risultati.
Prof. Mazzoleni, i contrari al canone e alcuni organi di stampa hanno sottolineato e continuano a sostenere - rifacendosi allo studio UNIL - che il voto negativo dello scorso giugno è stato dovuto ad una disaffezione verso la RSI. È un’interpretazione corretta?
Se consideriamo le motivazioni fornite dai partecipanti al sondaggio, l’opposizione alla riforma del canone Radio/TV del 14 giugno 2015 nella Svizzera italiana, e in Ticino in particolare, si spiega prevalentemente con un rifiuto del pagamento di un canone ritenuto iniquo: più del 60% degli oppositori avanza motivi economici. Circa il 20%, quindi una minoranza di chi ha votato contro la riforma, ha invece dichiarato di averlo fatto perché critico verso la RSI. Non si può quindi affermare che la modifica sul canone è stata respinta perché una maggioranza dei cittadini è critica verso la RSI.
In generale, si può dire che i cittadini della Svizzera italiana siano insoddisfatti della RSI?
Dalle risposte al sondaggio realizzato nel settembre 2015, emergono tre modi di intendere la RSI: come servizio pubblico, come offerta radio-tv e come azienda. Sulle domande relative al servizio pubblico, come istituzione federalista che promuove la lingua e la cultura italofone- il sostegno è alto e diffuso fra i cittadini ticinesi e del Grigioni italiano. Si constata pure un’elevata e diffusa soddisfazione nei confronti dei programmi radio-tv, con alcuni punti critici: ad esempio la richiesta di una maggiore attenzione agli aspetti locali. Rispetto all’azienda, in modo particolare sulla gestione delle risorse, la critica invece è più diffusa, anche se una parte significativa degli interpellati non ha saputo esprimere un’opinione precisa in merito.
Il Mattino della domenica ritiene che i ticinesi siano critici nei confronti di una linea editoriale RSI che percepiscono ‘di sinistra’. In base al vostro studio si può sostenere questa tesi?
La nostra indagine non ha analizzato la linea editoriale della RSI. Ha piuttosto chiesto una valutazione del modo di fare informazione. Il risultato è che una stragrande maggioranza (non meno dell’80%) ritiene abbastanza o molto “equilibrata e oggettiva” l’informazione RSI. Ciò vale prevalentemente per chi si colloca politicamente a sinistra. Tuttavia, questo orientamento è pure presente in modo ampio, seppure in misura un po’ minore, anche fra chi è a destra dello schieramento politico. Solo un 9% di cittadini che si collocano a destra non ritiene i programmi di informazione equilibrati e capaci di dare un’idea chiara dell’attualità (rispetto a 1,5% di chi si colloca a sinistra).
Il sondaggio rileva che l’informazione RSI è ritenuta oggettiva, mentre invece la presentazione della politica da parte della RSI non viene considerata tale. Non c’è contraddizione tra queste due risposte?
L’indagine mostra che una parte dei rispondenti fa una netta distinzione fra i programmi d’informazione (che include fra l’altro la cronaca, i fatti nazionali e internazionali, l’economia, lo sport ecc.) e quelli in cui si parla di politica. In altre parole, non fa nessun amalgama fra le due offerte. Una maggioranza rilevante, due terzi circa degli interpellati, ritiene che la politica sia presentata in modo tendenzioso alla RSI. L’atteggiamento è più critico a destra. Esso non è però una prerogativa dei leghisti e di chi sente vicino all’UDC: lo è anche da parte di una maggioranza di socialisti, nonché di chi si dichiara vicino al PPD e al PLR. Si tratta di capire, e lo si potrà fare solo con ulteriori approfondimenti, se la percezione di tendenziosità racchiude un’insoddisfazione verso il lavoro dei giornalisti o non invece verso i politici, che sono in genere i principali protagonisti delle trasmissioni dedicate alla politica.
Fino a che punto l’appartenenza a fazioni politiche condiziona la percezione del servizio pubblico nella Svizzera italiana?
A livello svizzero, con il sondaggio Vox, nella Svizzera italiana, con la nostra inchiesta, abbiamo visto che il voto del 14 giugno è stato segnato in modo rilevante dalle appartenenze politiche. Che lo si voglia o no, quello del canone radiotv è un tema politicizzato. Occorre però capire come il dibattito sul servizio pubblico che si annuncia a breve potrà essere letto come una questione che divide il centro-destra dal centro-sinistra. Nulla è scontato, anche perché abbiamo rilevato che una parte dei cittadini non ha ancora un’opinione chiara su alcune questioni significative, comprese quelle legate al funzionamento delle aziende di servizio pubblico.
È giusto pensare che la RSI sia ostaggio della politica? Da politologo, ritiene che sia inevitabile?
Il servizio pubblico radio-televisivo è diventato in Svizzera – ma non solo – oggetto di controversia per due ragioni principali: la prima è quella della crescente concorrenza commerciale fra i media, che rende meno scontata la legittimità politica del finanziamento pubblico dei mezzi d’informazione. Lo si vede nelle profonde trasformazioni del mercato interno (fenomeni di concentrazione, giornali gratuiti, confronto fra privato e pubblico, la concorrenza per conquistarsi le quote pubblicitarie ecc.), negli effetti dell’apertura esterna (il moltiplicarsi dei canali ecc.). La seconda ragione è quella del potere d’influenza che viene attribuito – nonostante lo sviluppo recente di altri media (penso ai social media) – ai mezzi radiofonici, ma soprattutto televisivi nella formazione dell’opinione pubblica. Questo vale soprattutto in occasione di elezioni, iniziative e referendum, ma anche, a torto o ragione, nella costruzione della reputazione e della visibilità dei politici nell’epoca della personalizzazione della politica. Per queste due principali ragioni strutturali, difficilmente, anche in futuro, la SSR e la RSI in particolare potranno sottrarsi agli effetti della contrapposizione politica ed ideologica. E questo nonostante il massimo di equilibrio che si potrà esprimere ad esempio nell’offerta informativa.