Le considerazioni di Roberto Stoppa, neoeletto presidente del Consiglio del pubblico della CORSI
Le mie radici partono dal paese più a sud della Svizzera con una ramificazione bergamasca da parte di mamma. Il Mendrisiotto è un luogo dal quale faccio molta fatica a staccarmi. È morfologicamente un paesaggio stupendo anche se negli ultimi anni è continuamente torturato e la sensibilità edificatoria è ormai una virtù molto rara.
Nella casa dove sono cresciuto abitavano tre famiglie: noi, i miei nonni paterni e degli zii. Mio papà dopo la formazione di falegname è passato a fare il funzionario presso le ferrovie federali. Lavorava al famoso fascio elle, in un altissimo e interessante edificio tutto di cemento armato. Dal suo ufficio, un balcone completamente di vetro, si poteva controllare tutta la logistica ferroviaria di Chiasso. Un’immensa porzione di territorio ferrato dove si muovevano vagoni merci, locomotive di manovra e treni passeggeri. Mia mamma, dopo la formazione di sarta, ha sempre fatto la casalinga.
Delle tre famiglie solo la nostra aveva la radio e la televisione, che all’inizio era ancora in bianco e nero. La televisione era una sorta di richiamo famigliare e il telegiornale della TSI era il momento dove sedavamo tutti insieme ad ascoltarlo. Già da allora, la TSI, ha dato un importante contributo allo sviluppo sociale del nostro Cantone.
Dal 2014 faccio parte del Consiglio del pubblico della CORSI. Un gremio importante, ma forse ancora poco conosciuto a molte persone che fruiscono dei programmi radiotelevisivi di servizio pubblico. Devo dire che anch’io, prima di farne parte, avevo solo una vaga idea di cosa facesse. Si potrebbe dire che siamo un po’ gli ambasciatori dell’utenza radiotelevisiva di lingua italiana. Il nostro compito principale è ascoltare, guardare, ma soprattutto consigliare. In particolare produciamo delle analisi critiche dei prodotti che vengono diffusi dalla RSI. Il valore aggiunto del nostro gremio è la rappresentatività diffusa: ogni membro ha formazioni, visioni e modi di pensare differenti. In effetti se dobbiamo rappresentare il pubblico è importante che vi sia questa eterogeneità. A livello nazionale ogni unità radiotelevisiva (francese, tedesca, romancia e italiana) ha un proprio Consiglio del pubblico. Più volte all’anno si riuniscono tutti insieme per scambiare le proprie esperienze e discutere di programmi nazionali. Il Consiglio del pubblico riveste perciò un ruolo importante per la garanzia della qualità del servizio pubblico regionale, ma anche nazionale.
Il nostro è un paese particolare, caratterizzato dall’eterogeneità linguistica e culturale e il servizio pubblico è una sorta di collante nazionale che permette di diffondere e portare a conoscenza dell’utenza le differenti culture. Sembra poco, ma personalmente credo che il servizio pubblico svizzero ha contribuito e dovrà contribuire sempre di più allo sviluppo socio-culturale del nostro paese. È perciò importante che il Consiglio del pubblico faccia il possibile per garantire un servizio pubblico radiotelevisivo di qualità, con giornalisti preparati e formati, all’avanguardia a livello tecnologico e con produzioni di programmi al passo con le nuove abitudini di fruizione da parte di utenti di ogni età, che nei nostri monitoraggi vogliamo coinvolgere ed interpellare di più. Sì, è proprio quest’ultimo punto che mi sta a cuore, il coinvolgimento attivo del pubblico. Stiamo preparando una nuova strategia per coinvolgere maggiormente il pubblico in quanto reputiamo che la garanzia della qualità necessiti anche di una partecipazione allargata.
La nostra è una società che cambia molto rapidamente. Spesso però a cambiare sono i “contenitori”, i modi di diffondere le notizie e non i contenuti, gli approfondimenti. Sempre più spesso l’informazione diventa “light” e sempre più spesso sembra che l’importante sia sentire la notizia e non il suo contenuto. È vero che con i ritmi odierni si fa sempre più fatica a seguire la televisione, ascoltare la radio o leggere una notizia approfondita anche se nelle case ci sono molti mezzi per ricevere i programmi. Il tempo di un solo televisore in bianco e nero è ormai preistoria. Personalmente però credo che la qualità non debba mischiarsi alla quantità. Il servizio pubblico dovrà cercare di mantenere e sviluppare la sua qualità rinunciando magari a qualche cosa di quantitativo. Se, come dicevo prima, il servizio pubblico della SSR deve continuare a rappresentare quel collante sociale che caratterizza il nostro paese (il nostro essere svizzeri), allora la strategia da seguire sarà quella di garantire la qualità e la neutralità informativa.
Ecco, per il futuro il Consiglio del pubblico dovrà monitorare che tutto questo possa essere mantenuto e sviluppato ulteriormente. Sono in gioco valori sociali e formativi importanti.