Immagine © Foto Garbani
Il 12 novembre 2024 alle ore 18:30 si terrà, Presso il Palacinema di Locarno, la serata - evento organizzata dalla SSR Svizzera italiana CORSI in collaborazione con il Locarno Film Festival dal titolo “Un viaggio nel Locarno Film Festival”.
Per iniziare ad immergerci nel tema dell’evento e nel mondo del Locarno Film Festival abbiamo intervistato Nicola Pini, Sindaco di Locarno e già vicepresidente del Consiglio del pubblico della SSR.CORSI.
Caro Nicola, innanzitutto, come stanno andando questi primi mesi in veste di Sindaco di Locarno?
A volte, quando mi chiamano “Sindaco”, o leggo “Nicola Pini Sindaco di Locarno”, mi sorprendo e mi emoziono ancora. Forse perché la vernice è ancora fresca, forse anche perché nutro un profondo rispetto per la carica, per ciò che rappresenta per la Città, le sue cittadine e i suoi cittadini. Sembra forse romantico, ma garantisco che si sente il peso del passato, delle grandi personalità che l’hanno ricoperta, come anche la grande responsabilità del presente e soprattutto del futuro.
Come è andata la prima edizione del Locarno Film Festival in qualità di Sindaco del Comune che ospita la manifestazione? Come immagini il futuro, quali sono i tuoi auspici?
A farmi piacere non solo l’aumento del pubblico e i pareri tendenzialmente positivi sull’edizione, o ancora l’aver visto entusiasmarsi Maja Hoffmann e il lavoro di un fiume di ottocento collaboratrici e collaboratori appassionati del Pardo, ma anche e soprattutto veder brillare, fra le premiate, Denise Fernandes e Klaudia Reinicke. Due donne, due cineaste nate altrove ma poi approdate in Ticino, che qui hanno mosso i primi passi nel cinema, fino a ritagliarsi il proprio posto nel cinema che conta. Bello, davvero. Citerei anche Enea Zucchetti, che ha vinto la Locarno Residency 2024: un bel segnale per il futuro del cinema locale e la conferma che il confronto aperto con il mondo, e in qualche modo privilegiato, grazie alla presenza del Festival, crea possibilità di sviluppo concrete per i nostri talenti.
A livello personale è stato intenso ma bellissimo. Gli eventi istituzionali sono davvero tanti e mi hanno confermato come il Locarno Film Festival sia davvero uno strumento per allacciare legami politici ed economici a favore della città e di tutto il Ticino in un modo informale ma efficace, impensabile nel resto dell’anno. Sono poi stato molto coinvolto anche in questioni operative, con tante decisioni da prendere, anche giorno per giorno. Ecco, mi sarebbe piaciuto riuscire a vedere qualche film in più: l’anno prossimo cercherò di prendermi un po’ di spazio in più.
Vista anche la tua esperienza come membro e vicepresidente del Consiglio del pubblico della SSR.CORSI, come valuti la relazione e la collaborazione fra il servizio pubblico radiotelevisivo e gli enti sul territorio della Svizzera italiana, in particolar modo con quelli del locarnese?
Direi buona. Chiaro, non siamo più al “vedere e vedersi” che fece la storia e la fortuna del mitico “Regionale”, ma mi sembra che l’interesse ci sia. Come sempre si vorrebbe di più, a volte magari anche a ragione, ma è giusto che la radiotelevisione pubblica sappia ponderare e soppesare il suo grado di copertura di un evento o una notizia, anche perché qualità e credibilità devono essere salvaguardate. E il suo ruolo di contestualizzazione, di spiegazione, di approfondimento, ma anche di educazione all’empatia – nel senso di mostrare anche punti di vista diversi – è oggi ancora più centrale.
Dal tuo punto di vista, la RSI è sufficientemente presente nella valorizzazione e nella promozione del Locarno Film Festival?
Apprezzo molto la copertura del Festival da parte della RSI: la nostra radiotelevisione c’è, la si vede e la si sente durante la rassegna. È importante che dei film – delle situazioni che mostrano e delle chiavi di lettura della società che offrono – se ne parli, anche in modo critico. Il giornalismo culturale è sotto pressione e sempre meno testate hanno i mezzi per inviare giornaliste e giornalisti cinematografici ai festival e senza il loro lavoro, senza spazio sui media, manca un vettore essenziale per far conoscere non solo l’evento specifico, ma più in generale la cultura e l’identità di un territorio, così come tutte le implicazioni per la società di quanto viene mostrato.
Inoltre, come co-produttrice di opere presentate a Locarno e altri festival, la RSI contribuisce anche a fare in modo che oltre a mostrare film se ne realizzino, aspetto questo per nulla scontato.
Bello e interessante anche lo spazio dato al Festival su Play Suisse, una piattaforma che reputo davvero spettacolare e che meriterebbe più attenzione da parte del pubblico. Play Suisse che tra l’altro è presente al Base Camp, rivolto ai giovani, e dunque alla cultura di domani.
Infine, la presenza di Sandy Altermatt in Piazza Grande, una donna di radiotelevisione di esperienza, che con il suo destreggiarsi benissimo in ogni lingua mostra anche le capacità di una RSI e un Ticino proiettati nel mondo.
Gli Archivi audiovisivi della RSI e della SRG SSR rappresentano un patrimonio inestimabile per la nostra società, per la nostra cultura e per le nostre tradizioni: come immagini una loro valorizzazione anche a sostegno di eventi e manifestazioni?
Sono effettivamente una fonte di inestimabile valore, non solo per eventi e manifestazioni, ma anche per la comprensione del presente e, perché no, la definizione del futuro. Ho iniziato a conoscere il grande potenziale delle fonti audiovisive durante gli studi all’università di Losanna, con i libri sulla storia della SSR di Theo Mäusli e i corsi con i Professori François Vallotton e Nelly Valsangiacomo, che poi mi ha seguito nella tesi di Master sulla storia dell’informazione all’allora TSI, focalizzandomi sullo studio di caso di Reporter. Incredibile la ricchezza che i filmati posso darti in termini di analisi storica, permettono di porsi tutta una serie di nuove domande, e abbozzare delle risposte.
Nel concreto, mi piacciono molto i totem informativi e le serate nel territorio, e penso che in un’ottica divulgativa potrebbero dare il là a bei documentari o docu-fiction. In questo senso, penso che con un talento come Jonas Marti in RSI potremmo vedere davvero dei bei sviluppi, come potremmo averli rendendo gli archivi disponibili ai bravi registi che abbiamo in Ticino. Lo spero proprio. Ah, e a proposito di archivi, ci sono anche quelli dello stesso Festival, peraltro in buona parte legati alla stessa RSI, che sono un’altra bella miniera di storie, ricerche e progetti. Da segnalare in questo senso la strategia per una loro valorizzazione promossa non solo da Festival e RSI, ma anche da Cinémathèque suisse e Università della svizzera italiana.
Veronica Delsindaco, Segretariato SSR.CORSI