Le donne durante la pandemia? Protagoniste eppure assenti dai media e dai tavoli decisionali, denunciano associazioni e politici. E la RSI non sarebbe diversa secondo vari osservatori. È davvero così? Ne abbiamo parlato con Federica Guerra, co-presidente del Business and Professional Women Club Ticino, un’associazione che rappresenta gli interessi delle donne attive professionalmente e ha lo scopo di migliorare la partecipazione economica e politica delle donne.
Come valuta la rappresentanza femminile nell’offerta di servizio pubblico RSI (e in generale nei media della Svizzera italiana) durante il periodo della crisi per il coronavirus? Dove secondo lei sarebbe più urgente intervenire?
“L’informazione ticinese è ancora lontana da una bilanciata rappresentazione di donne e uomini. Non sveliamo nulla di nuovo se diciamo che in generale i media in Ticino peccano spesso e volentieri di una ridotta presenza femminile nelle redazioni, soprattutto nei ruoli dirigenziali. Ritengo che la RSI sia anzi tra le aziende più “virtuose”: sono numerose le giornaliste in redazione e nella conduzione ma ancora troppo poche ai vertici. Per quanto riguarda il resto dei media, basta soffermarsi a guardare i CdA dei gruppi editoriali, per capire che la presenza femminile è in percentuale ridotta, e in alcuni casi del tutto assente. La percezione è che la conduzione dei dibattiti e delle dirette tv, di per sé prestigiosa, sia sempre e soltanto affidata a figure maschili. L’emergenza COVID19, non ha fatto altro che evidenziare ancor di più questi vuoti, queste lacune. Occorrerebbe intervenire su più fronti e lo strumento principale potrebbe essere l’adozione di una politica di genere con obiettivi ben precisi che riguardano la gestione aziendale (assunzioni, promozioni ecc.), la presenza in video, e la qualità della rappresentazione della donna, promuovendone un’immagine reale e non stereotipata, e soprattutto servirebbero regole volte a creare percorsi socio-culturali che aumentino la consapevolezza ed il rispetto per le pari opportunità”.
I rappresentanti dei media spesso si difendono dicendo di far fatica a trovare donne disponibili a esporsi nei dibattiti o a ricoprire ruoli di spicco (commentatrici, conduttrici, esperte). Che cosa ne pensa?
“Il Ticino vanta un folto numero di donne con una eccellente formazione professionale, con svariate competenze e con cariche di un certo peso nel settore privato e in quello pubblico. Soltanto nell’Associazione di cui sono Co-Presidente, la Business & Professional Women, ce ne sono almeno 60, tutte socie con profili professionali eccellenti. E penso che nel nostro Cantone ce ne siano tantissime altre, basta chiamarle, sarebbero più che disponibili ad esporsi nei dibattiti”.
Quale ruolo delle donne, nella crisi e soprattutto nella ripartenza, andrebbe messo più in evidenza a livello mediatico?
“Le donne possono essere il motore del cambiamento. Occorre iniziare a lavorare per la ripartenza, e la presenza femminile avrà un valore chiave solo se da subito sarà ben chiaro l’obiettivo di ridurre al minimo le disparità di genere. Dovremo affrontare enormi problemi economici, sociali e culturali, e queste sono sfide che richiedono uno sforzo di mediazione che le donne sono in grado di svolgere con intelligenza, passione ed equilibrio. Le donne sono naturalmente dotate di capacità di ascolto, di negoziato, di pragmatismo e di senso di responsabilità, tutte qualità che oggi più che mai appaiono necessarie per contribuire alla soluzione dei problemi”.
La Federazione delle associazioni femminili FaftPlus ha inviato al Consiglio di Stato l’appello “#ripartiredalledonne”. Secondo lei come si potrebbe concretamente ripartire dalle donne?
“Occorre senza dubbio ripartire dalle donne. Il Governo deve ascoltare le loro istanze e offrire una postazione permanente al tavolo di lavoro, dando la possibilità di partecipare alle decisioni per le sorti del paese, con un peso ed una forma paritaria. La pandemia ci ha messo di fronte ad una crisi eccezionale, nuova, profondamente diversa dai periodi difficili avuti nel passato, e ci obbliga a fare alcune riflessioni anche in termine di parità di genere. Le ripercussioni sulle donne saranno dirompenti. Il rischio è che, a causa dell’epidemia, l’uguaglianza di genere faccia un clamoroso passo indietro. In prima linea, in questa guerra contro il COVID19, abbiamo visto tante donne, ma non sono donne le persone che prendono le decisioni di questo paese. Il governo dovrebbe cominciare a riconoscere che le donne hanno sulle spalle il peso maggiore della crisi sia dal punto di vista economico che da quello sociale”.
In che modo il Business Professional Club Ticino, associazione aderente anche alla CORSI, è stato toccato dalla crisi coronavirus e come ha reagito?
“Con dispiacere abbiamo dovuto posticipare tutti gli eventi in programma da marzo sino a giugno: tra i più importanti cito la presentazione della “Carta dei Diritti della Bambina” e l’Assemblea delle Delegate, che avrebbe coinvolto circa duecento delegate provenienti dalla Svizzera interna. Comunque non abbiamo mollato, le nostre riunioni di Comitato abbiamo continuato a farle in modalità online e persino i nostri aperitivi virtuali hanno avuto grande riscontro di partecipazione. Lontane ma vicine, con telefonate e messaggi nella nostra chat che ci consente di confrontarci quotidianamente. Per il resto il Comitato continua a lavorare per aggiornare costantemente il sito e i social del Club, accogliendo nuove socie con incontri in videochiamata, rimanendo connesse con tutti i Club elvetici da cui riceve complimenti e messaggi di sostegno. Il nostro gruppo di socie è numeroso e coeso, una vera forza”.
di Giorgia Reclari Giampà, Segretariato CORSI