Il 7 febbraio il presidente della CORSI Luigi Pedrazzini, rispondendo ad alcune domande sulle tensioni innescate dai licenziamenti alla RSI ha dichiarato che ‘tutti i membri del Comitato della CORSI sono più o meno dichiaratamente vicini a un partito politico. Lo stesso vale per tutti i membri del Consiglio regionale e del Consiglio del pubblico”. Un’affermazione che ha suscitato qualche perplessità all’interno della CORSI stessa, ad esempio da parte di Marco Züblin, al suo secondo mandato come membro cooptato nel Consiglio del pubblico. Lo abbiamo interpellato, insieme a Giacomo Garzoli, granconsigliere per il Partito Liberale Radicale entrato in Comitato a inizio anno. Ecco il loro sguardo sul tema ‘troppa politica alla CORSI?’
Intervista a cura di Chiara Sulmoni, redattrice del trimestrale per.corsi ( scaricabile su www.corsi-rsi.ch oppure ISSUU)
MARCO ZÜBLIN, alla vigilia dell’assemblea generale del 2011 la CORSI rivolse un appello alle organizzazioni della società civile affinché candidassero propri rappresentanti nel Consiglio regionale e nel Consiglio del pubblico. Cosa rimane di quel vento di rinnovamento?
Non saprei dire, anche perché in questa piccola repubblica sono sovente le stesse persone ad impegnarsi nella politica dei partiti e nelle varie declinazioni della società civile. Esiste effettivamente in Ticino una questione relativa alla onnipresenza dei partiti, ma come sempre – se si vuole essere in buona fede, un atteggiamento che sembra però essere sempre più fuori moda – è una questione di persone. La mia esperienza nel Consiglio del Pubblico è bella e forse privilegiata, perché vi ho incontrato politici non politicanti, persone di grande qualità, simpatiche e empatiche; magari non li voterò tutti, ma li stimo.
Per ammissione dello stesso presidente Pedrazzini, un numero cospicuo di membri CORSI è riconducibile a un’area, se non a un’appartenenza partitica. All’interno del CP e più in generale della CORSI si possono osservare condizionamenti politici?
Certamente ognuno ha la propria dimensione etico-morale, di cui fa parte anche un approccio politico; non è comunque obbligatorio che questo si traduca in una militanza partitica. Nel Consiglio del Pubblico non ho mai constatato che si argomentasse sulla base degli interessi (e dei programmi) di partito. In altre parole, chi ha la tessera di un partito la lascia fuori dalla porta.
Le dà fastidio l’etichetta politica?
Mi irrita l'etichetta partitica, soprattutto se – come nel mio caso – ad essa non corrisponde una militanza in alcuna organizzazione. Nel Ticino si fa in fretta ad appioppare appartenenze partitiche, magari sulla base di quello che si sa (o che si crede di sapere) a proposito della famiglia.
Come membro del Consiglio del pubblico, le giunge spesso la critica che la CORSI sia un organismo inutile, e cosa risponde?
L'utilità o l'inutilità di una struttura si valuta sulla base di quanto ci si aspetta da essa, ma la valutazione deve essere fatta soprattutto sulla base delle effettive possibilità (legali, statutarie, organizzative) che ha la struttura in questione. Il Consiglio del pubblico è certamente utile come articolata camera di riflessione sui programmi e come interfaccia tra il pubblico e la RSI. Lavoriamo seriamente, con un autentico interesse per il miglioramento dei programmi e con costante attenzione alla qualità e al rispetto dei principi che devono presiedere alla concretizzazione di un mandato di servizio pubblico; e questo ci viene riconosciuto, quanto meno da coloro che ci interessa che ce lo riconoscano. Sappiamo essere assai critici e non ci lasciamo dettare l'agenda da nessuno, né dall'ente né dai partiti.
Le controverse procedure di licenziamento attuate dalla RSI sono ispirate ad alcune pratiche del settore privato. Ciò che è successo a Besso e a Comano è unicamente frutto di una decisione sbagliata oppure segno che il servizio pubblico non potrà difendere le proprie prerogative ancora a lungo, secondo lei?
Non conosco la situazione a sufficienza per potermi esprimere in totale conoscenza di causa. Che fossero necessari provvedimenti di licenziamento, lo si sapeva da mesi; quindi, niente da dire sul merito. Le modalità, un po' da settore bancario, mi hanno invece un po' stupito e non ne ho capito veramente la necessità. Mi chiedo il motivo per il quale i provvedimenti non siano stati coordinati centralmente tra le varie unità aziendali, anche a livello di comunicazione. Ho trovato francamente penosa e indecente la gazzarra che è nata dopo le misure, e ho la sensazione che talune incertezze da parte del management di RSI vi abbiano un po' contribuito. Quanto al futuro del servizio pubblico, mi auguro solo che i cittadini si rendano conto della sua importanza in ambito mediatico, e questo prima che sia tardi.
Cosa pensa delle pesanti critiche nei confronti della RSI a firma della ex-conduttrice Maristella Polli, che toccano tanto la qualità dei programmi quanto la direzione dell’azienda?
Alcuni, tra i quali la Signora Polli (e, mi preme dirlo, l'ex sindaco Giudici), perdono spesso buone occasioni per starsene zitti. Siamo purtroppo invasi dalla chiacchiera e dall'ansia di visibilità.
GIACOMO GARZOLI, questa domanda le suonerà forse provocatoria: ci sono troppi politici alla CORSI?
L'immagine della politica si è alquanto deteriorata negli ultimi anni, e questo giudizio negativo costituisce un vero pericolo per la società. Credo nella politica, e quotidianamente posso constatare l’apporto dei ‘politici’ al dibattito nella CORSI, del tutto conforme alla sua missione: rispondo quindi tranquillamente di no. Inoltre, tutti i gruppi di interesse hanno la possibilità di appartenere agli organi CORSI dove, per fare un esempio, anche MONTAGNA VIVA è rappresentata. Quindi non vedo dove stia il problema, visto che ogni cittadino interessato alla politica dei media può diventare socio CORSI e partecipare all’assemblea che elegge i suoi rappresentanti. Queste sono le regole democratiche, senza se e senza ma!
Il presidente Pedrazzini ha recentemente dichiarato che “le competenze attuali della CORSI non hanno (…) grande attrattività per un partito politico, soprattutto se la sua preoccupazione principale fosse quella di dettare all’azienda le nomine e i contenuti dei programmi”. Per quale motivo allora i partiti serrano i ranghi in occasione delle elezioni alla CORSI?
Distinguerei la politica dalla partitica. La partitica è perdente al giorno d'oggi, se si focalizza su questioni di potere. Ma la politica è ben altro: è innanzitutto la sede più idonea per una profonda riflessione sul ruolo del servizio pubblico radiotelevisivo. Che il dibattito democratico tra i partiti si concentri su tematiche simili è in realtà un vantaggio per tutta la società. Meglio quindi cercare di partecipare attivamente agli eventi e anche alle elezioni della CORSI, piuttosto che chiamarsi fuori camuffando con il termine di politica una mossa che sa tanto di partitica vecchio stile.
Cosa pensa del fuoco incrociato cui la nostra radiotelevisione è stata sottoposta negli ultimi tempi?
Naturalmente bisogna distinguere da dove provengono gli spari. Ma credo che sia giusto che ciò avvenga. Riprendendo dalla Regione (6.02.2016) le importanti parole di Nelly Valsangiacomo sulla specificità del servizio pubblico radiotelevisivo, non si può non essere preoccupati nel constatare le problematiche interne all'azienda: esse comportano un’ influenza negativa sulla coerenza editoriale dei diversi dipartimenti, sulla programmazione nel suo insieme e sulla specificità, appunto, della missione di servizio pubblico della RSI.
Per come stanno le cose oggi, è ancora lecito pensare che la Svizzera italiana possa unirsi in difesa del servizio pubblico radiotv, in occasione della votazione NO-BILLAG sull’abolizione del canone prevista nel 2018?
Bisogna riscoprire la missione di servizio pubblico della radiotelevisione, mediante la quale, riprendendo di nuovo Valsangiacomo, lo Stato deve tornare ad "essere garante della diversità e della creatività che hanno per lungo tempo fatto in Svizzera la forza della missione di tali media", e, aggiungo io, la forza di coesione del nostro paese. Ma è proprio qui che bisogna distinguere: chi spara per smantellare il servizio pubblico, non potrà mai garantire questo enorme valore, che è garanzia di libertà. Se l'azienda metterà in pratica il ruolo assegnatole dalla Costituzione e dalla Concessione federale la Svizzera italiana non può che guadagnarne.
Come membro del Comitato, cosa risponde a chi ritiene che la CORSI sia un organismo obsoleto o inutile?
Di emigrare in un paese dove i media non dispongono di organi di controllo democratico, e dove l'informazione è interamente gestita dai poteri forti. Poi tutto è perfettibile: anche la CORSI deve fare uno sforzo ulteriore per aprirsi alla popolazione, comunicare, e promuovere il proprio ruolo facendosi portavoce della società da una parte, tenendo ben presente la missione di servizio pubblico dall'altra. Certo non ci si può attendere che la CORSI diriga essa stessa l'azienda: questo compito compete alla direzione dell'azienda, che se ne deve assumere tutte le responsabilità compresa quella di darne conto.
Cosa pensa delle pesanti critiche nei confronti della RSI a firma della ex-conduttrice Maristella Polli, che toccano tanto la qualità dei programmi quanto la direzione dell’azienda?
Maristella Polli in RSI ci ha lavorato, per tanto tempo. Conosce pertanto l'azienda dall'interno, e non sono certo io a commentare le sue critiche. Mi aspetto però che l'azienda reagisca lanciando segnali chiari. Maristella ha ragione quando afferma che la CORSI, su questi aspetti aziendali (nomine, licenziamenti, ...), "sembrerebbe non avere più voce in capitolo". Non ha ragione invece quando afferma, con Giorgio Giudici, che la CORSI non ha più ragion d'essere. Ma considero quest'ultima affermazione come una provocazione costruttiva, una provocazione che deve scuotere tutta la Svizzera di lingua italiana, di cui la CORSI è espressione.