Quale l'immagine che i media di servizio pubblico danno del loro territorio di riferimento? E quale il legame che si instaura con chi lo vive e chi lo visita? Su questi spunti di riflessione si basano gli eventi e i contenuti editoriali del 2024 della SSR.CORSI. E in questo ambito pubblichiamo il secondo dei contributi esclusivi del professore Claudio Visentin, esperto di storia del turismo.
Se immaginiamo il viaggio come una narrazione, un racconto del territorio visitato, potremmo chiederci allora quale immagine della Svizzera sia stata proposta attraverso il turismo. La Svizzera fu la prima desti-nazione, il primo Paese al mondo profondamente trasformato dal turismo e per questo divenne inevitabilmente un modello per tutti quelli che seguirono. All’inizio dell’Ottocento gli inglesi avevano inventato il turismo, ma è difficile (sebbene non impossibile) essere turisti a casa propria. Proiettarono allora le loro aspettative e i loro sogni su un piccolo Stato al centro dell’Europa, innescando un rapido e per molti versi inatteso processo di sviluppo.
Artisti e intellettuali cominciarono il gioco già alla fine del Settecento. Il naturalista ginevrino Horace-Bénédict de Saussure è considerato il padre fondatore dell’alpinismo, per le sue esplorazioni e ancor più per aver promesso una forte ricompensa al primo che avesse scalato il Monte Bianco (impresa poi compiuta nel 1786). Ma furono soprattutto i poeti a proporre una nuova immagine delle montagne. William Wordsworth era appena ventenne quando nell'estate del 1790 partì per le Alpi, celebrate nelle sue poesie come cattedrali. Di gloria delle montagne parla anche il critico d'arte John Ruskin, mentre il pittore William Turner dipinge l'Oberland con tratti fortemente evocativi. Nel giro di un secolo la montagna diventa sinonimo di bellezza, libertà, democrazia, pace, armonia ecc. ribaltando secolari stereotipi negativi.
Questo cambio di paradigma culturale si intreccia con la nascita del turismo intorno al 1830. La rivoluzione dei trasporti, le guide turistiche, le prime agenzie di viaggio traducono il cambiamento culturale in nuove forme di socialità. Gli svizzeri restano dapprima esclusi da questi cambiamenti, il loro territorio è il Campo da gioco dell’Europa (dal titolo di un fortunato libro del 1871 dello scrittore e poeta inglese Leslie Stephen, padre di Virginia Woolf), ma sono svelti ad adattarsi e a cogliere le opportunità, soprattutto economiche, per un Paese sino a quel momento povero e appartato. E così in poco tempo costruiscono un sistema di trasporti esemplare, con ardite ferrovie di montagna e grandi battelli sui laghi, insieme a imponenti alberghi che saranno di esempio sino ai giorni nostri. Nel 1863 il primo gruppo organizzato di Thomas Cook giunge in Svizzera, aprendo il Paese al turismo organizzato. Nel 1868 la regna Vittoria trascorre cinque settimane nella Svizzera centrale, in un incognito puramente di facciata, dal momento che gli abitanti utilizzano spudoratamente la visita a fini promozionali; ancora oggi oltre venti alberghi ricordano il nome e il passaggio della regina. Ben oltre il volgere del secolo il paesaggio interessa più degli abitanti, spesso relegati al ruolo di comparse nelle aree rurali. E anche quando il Paese si trasforma e si urbanizza, per i visitatori resta la terra di Heidi (dal fortunato libro per ragazzi pubblicato nel 1881 da Johanna Spyri).
Nel periodo tra le due guerre il quadro si completa con gli sport invernali, celebrati nell’Olimpiade del 1928 a St.Moritz. La Svizzera tuttavia in quegli anni ha perso ormai il suo primato turistico, e compete in un mercato sempre più affollato. Sino a questo punto erano state soprattutto la letteratura e il giornalismo a creare la nuova immagine della Svizzera, riflessa e moltiplicata attraverso gli occhi dei turisti. Nel secondo dopoguerra invece il cinema riveste un’importanza nuova e decisiva. Per esempio in "Agente 007 - Missione Goldfinger" (1964), il terzo film della serie di James Bond, interpretato da Sean Connery, uno spettacolare inseguimento incide nell’immaginario collettivo il Passo della Furka. Le montagne, a cominciare dall’iconico Cervino, restano ancora al centro della scena, ma ormai la sobria vita contadina di un tempo è più in ombra rispetto alla mondanità internazionale. Il cinema schiude anche nuovi mercati lontani: l’India per esempio. "Bollywood" (la fusione tra "Bombay" e "Hollywood") decolla sempre nel 1964 quando la superstar Raj Kapoor gira il suo primo film in technicolor, “Sangam”. Si afferma un nuovo linguaggio espressivo che combina musica, romanticismo e azione. Particolarmente interessanti, dal nostro punto di vista, le lunghe canzoni sullo sfondo di scenari esotici. Per esempio, nonostante il titolo, la Svizzera ha molto spazio in “Una sera a Parigi” (1967), uno dei film più apprezzati del tempo, diretto da Shakti Samanta e interpretato da star come Shammi Kapoor e Sharmila Tagore. In particolare le scene sulle piste da sci hanno generato un interesse che ancora dura ed è ben visibile. Ed è quasi inutile ricordare infiniti altre pellicole e serie televisive.
Dal punto di vista della comunicazione, negli ultimi decenni i social hanno arricchito e al tempo stesso complicato il quadro, moltiplicando le voci e i punti di vista, coinvolgendo (per la prima volta) nel dialogo anche i residenti. Nel frattempo la Svizzera si misura con i rischi e le incertezze del turismo di massa, in alcune destinazioni ormai virato apertamente nell’Overtourism. Il turismo resta assai redditizio e importante per l’immagine internazionale del Paese. Le preoccupazioni semmai sono sul versante della società: espulsione dei residenti, controllo di gruppi internazionali, declino delle attività tradizionali. Ma è solo l’ultimo capitolo di una storia lunga, complessa, affascinante, aperta al futuro.
Claudio Visentin, docente di Cultural History of Tourism nel Master in International Tourism dell'USI