Fonte immagine: Forum Helveticum
Mercoledì 22 settembre si è tenuta per la terza volta in Parlamento la Giornata del plurilinguismo in Svizzera, parallelamente alle giornate del plurilinguismo organizzate dall’Amministrazione Federale. L’evento, che ha voluto incoraggiare lo scambio e la comprensione tra le diverse comunità linguistiche della Confederazione, si è anche prestato per una riflessione sullo stato del plurilinguismo all’interno degli uffici federali. Ne hanno discusso Nicoletta Mariolini, Delegata federale al plurilinguismo, Daniel Kübler, Professore dell’Università di Zurigo, e Jorge Kühni, vicedirettore dell’Ufficio federale del personale.
I relatori sono stati incalzati dalle domande di Moreno Bernasconi, giornalista ticinese, che ha aperto la tavola rotonda con saluti nelle quattro lingue nazionali seguiti da un hi everybody, proprio per introdurre una delle sfide con le quali l’amministrazione federale si confronta quotidianamente, ovvero l’anglicizzazione e la crescita del digitale, che “parla inglese”. Si tratta di un fenomeno globale, naturalmente, e non riguarda solo la Svizzera, ma nel nostro paese il problema si pone forte in quei contesti nei quali il personale con diverse competenze linguistiche si trova a dover lavorare assieme.
Va detto comunque, che l’inglese non è ancora dominante negli uffici di Berna: i dati che il professore dell’università di Zurigo ha raccolto (e che sono pubblicati nel suo libro Les langues du pouvoir) evidenziano come il tedesco sia la lingua predominante all’interno dell’Amministrazione federale. Le lingue latine rimangono sottorappresentate. Se guardiamo al caso specifico dell’italiano, lo studio di Kübler mostra che la lingua di Dante non è, negli anni, arrivata ad avere un peso maggiore nell’amministrazione federale. Un problema solo di massa critica e mancate competenze linguistiche, come suggerisce il professore dell’università di Zurigo?
Non proprio – secondo Mariolini, che parla di sostanziali differenze, per quanto riguarda la rappresentanza della lingua italiana, sia fra unità amministrative sia fra gruppi di categoria salariale. Un esempio? Si pensi ai “quadri” nell’amministrazione federale: essi sono principalmente germanofoni (e talvolta non padroneggiano affatto l’italiano), con la conseguenza che cercheranno di assumere personale che si esprime nella loro lingua. Insomma, per quanto in teoria il plurilinguismo è tutelato e riconosciuto dalle istituzioni federali, in pratica non è così. Secondo la Delegata federale al plurilinguismo la problematica è duplice: ci vuole una maggiore volontà politica, “dall’altro”, ma sono anche richiesti cambiamenti nell’uso della lingua “dal basso”, a livello dei quadri e dei collaboratori dei quali si circondano, affinché si arrivi a una situazione in cui nella maggioranza dei dipartimenti e nelle fasce salariali più elevate l’italiano non sia più sottorappresentato.
In questo contesto, il lavoro di monitoraggio del plurilinguismo si rende necessario, ma sino a tempi recenti – specifica Mariolini – è mancata una metodologia trasversale, uniforme e comune a tutti i dipartimenti che permetta di valutare come stanno effettivamente le lingue nelle stanze dell’amministrazione. Carente è anche la trasparenza dei dati necessaria, tra l’altro, per differenziare tra competenze linguistiche del personale federale e uso (quotidiano) della lingua. A partire dal 2018 ci si è mossi nella direzione di un miglioramento metodologico ma “si è solo agli inizi”, conclude la Delegata federale al plurilinguismo. L’auspicio, continua Mariolini, è che venga anche impostata già, nei prossimi mesi, una presentazione delle informazioni più efficace per garantirne la leggibilità al pubblico e la comprensibilità dei dati con approcci affidabili.
A sostegno delle conoscenze delle lingue nazionali sono attivi corsi di insegnamento linguistico per il personale – ricorda Jorge Kühni – secondo le misure concrete volte all’adempimento delle direttive della Legge sulle lingue (LLing) e la relativa Ordinanza (OLing) in quanto una lingua può fungere da lavoro solo se i membri delle altre comunità ne hanno una competenza sufficiente. Purtroppo, l’obiettivo di un’effettiva comprensione linguistica fra le comunità, qualora gli italofoni dovessero esprimersi nella propria lingua, non è ancora stato raggiunto.
Tra i vari spunti di riflessione giunti dal pubblico, una menzione spetta a quel che concerne gli annunci di lavoro dell’amministrazione federale. È stato ricordato che i bandi di impiego richiedono spesso la conoscenza del tedesco, lingua principale di Berna, dove gli uffici federali sono concentrati: questo comporta, per chi si candida, competenze in una specifica lingua nazionale e – fattore non meno importante – l’essere disposto/a a trasferirsi per lavoro in una regione linguistica diversa dalla propria. Allo stesso tempo, la possibilità di lavorare negli uffici federali a Bellinzona (Tribunale penale federale) raramente è presentata come un’opportunità nella Svizzera oltre Gottardo.
Alla serata, per l’intergruppo parlamentare “ITALIANITA’” erano presenti i copresidenti dell’intergruppo, Anna Giacometti, Consigliera nazionale, e Marco Romano, Consigliere nazionale.
Di Valeria Camia