Torna, nell’anno del cinquantesimo anniversario del diritto di voto e eleggibilità delle donne in Svizzera, il Premio Ermiza: fino al 16 luglio prossimo le redazioni della Svizzera italiana possono partecipare al Bando di concorso volto a valorizzare un servizio televisivo, radiofonico o un contributo audio/video web in grado di proporre una rappresentazione di genere orientata alle pari opportunità.
Come per ogni precedente edizione, anche per quella corrente, la CORSI invita a partecipare al bando di concorso; inoltre rinnova la delega di un rappresentante del suo Consiglio del pubblico – Raffaele Pedrazzini – quale membro della giuria incaricata di selezionale il/i lavoro/i a cui assegnare il Premio Ermiza 2021. D’altra parte, l’impegno della CORSI a sostegno delle pari opportunità nei media è radicato e costante, come ricorda Tiziana Mona, Presidente del Consiglio del pubblico tra il 2012 e il 2015 e giurata delegata dal Consiglio del pubblico nella prima edizione del premio nel 2011.
Tiziana Mona, lei è stata tra le promotrici del Premio Ermiza: come si è arrivati alla sua istituzione?
“Su iniziativa della Commissione Consultiva per le pari opportunità fra i sessi alcune donne, tra le quali la sottoscritta e rappresentati del Servizio Gender e Diversity della SUPSI e del Servizio pari opportunità dell’USI, forti di sensibilità specifiche e delle funzioni che rivestivano legate alla parità di genere, si sono incontrate per una discussione sulla presenza femminile nei media. Si è così pensato che si poteva dare maggiore visibilità alla tematica delle pari opportunità creando un premio specifico. Abbiamo scelto di dare al riconoscimento il nome “Ermiza” con riferimento alla pubblicazione di Franca Cleis, “Ermiza e le altre”, nel quale si parlava proprio della donna ticinese che nel 1038 firmò un documento pubblico con una croce, divenendo protagonista del primo atto giuridico della storia femminile ticinese”.
A cosa si deve il coinvolgimento del Consiglio del pubblico con il Premio Ermiza?
“Mi è parso subito opportuno coinvolgere il Consiglio del pubblico in quanto istituzione all’interno della CORSI che ha un collegamento specifico e diretto con i programmi. Il risconto è stato immediato e positivo e si è deciso di essere rappresentato nella giuria incaricata di selezionare il lavoro vincitore del premio e dalla prima edizione, nel 2011, fino a oggi, lo ha sempre fatto.
Ricordo inoltre che la questione della parità di genere legata all’uso della lingua nei programmi televisivi era un tema già presente nelle discussioni del Consiglio del pubblico, negli anni antecedenti l’istituzione del Premio Ermiza, anche con rapporti che erano stati fatti da Lina Bertola, filosofa e scrittrice, o su mia iniziativa. E già nel suo rapporto 2009 il Consiglio del pubblico affermava che data la scarsa presenza di donne quali interlocutrici sia in radio sia nei programmi televisivi analizzati, una parte importante della realtà svizzero‐ italiana ‐ quella femminile ‐ viene spesso sotto‐rappresentata, talvolta ignorata. Per alcuni anni il tema è poi stato un po’ negletto, ma poi a partire dallo Sciopero delle donne nel 2019 il Consiglio del pubblico ha prestato un’attenzione crescente alle parità tra uomini e donne e alla presenza di queste ultime come produttrici e creatrici di programmi ma anche come soggetti delle tematiche affrontate. Mi auguro che questa attenzione critica possa accrescere lo spazio dedicato alle tematiche di genere”.
Ci vuole fare qualche esempio di come l’impegno della CORSI per la parità di genere potrebbe concentrarsi ulteriormente?
“A mio avviso si potrebbe riprendere il tema della presenza/assenza delle donne/giornaliste/produttrici partendo dal caso esemplare della prima fase della pandemia, e farne una discussione pubblica magari proprio contemporaneamente all’assegnazione del prossimo Premio Ermiza. Inoltre, importante e da non lasciare passare in secondo piano sono le questioni legate all’uso della lingua di genere. Benché oggi non si dica più “il presidente” se il ruolo è rivestito da una donna, tali conquiste non sono da considerarsi acquisite. La strada da fare è ancora lunga e dei veri dibattiti potranno servire alla ricerca di soluzioni condivise”.
Di Valeria Camia