Non è un quadro roseo quello che segue lo studio “Donne nei media”, realizzato dall’Istituto di ricerca di opinione pubblica e società (Fög) e dall'Istituto di scienze della comunicazione dell'Università di Zurigo (UZH): tra il 2015 e il 2020 le donne sono state nettamente sottorappresentate nelle pagine dei media di informazione svizzeri. Dati che per Marialuisa Parodi, co-presidente di FAFTPlus, sono una chiamata per il servizio pubblico affinché si passi dalle parole ai fatti, a sostegno del cambiamento verso una rappresentazione di genere bilanciata e equa. Abbiamo chiesto a Paolo Gaffuri, Responsabile Sviluppo Aziendale RSI, quali sono le misure intraprese dalla RSI per ovviare alle “lacune di genere” emerse dallo studio zurighese.
Signor Gaffuri, secondo lo studio realizzato dall’istituto Fög – che per quanto riguarda i canali SSR ha preso in considerazione solo i siti internet – la parità di genere nelle pagine dei media di informazione svizzeri, compresi quelli della SSR, non è ancora un obiettivo raggiunto. Eppure, il problema è noto da tempo. Come mai i media non sono ancora riusciti a risolverlo?
Vi sono essenzialmente due motivi. Il primo è di natura interna e riguarda la cultura aziendale, le abitudini e il tempo a disposizione per costruire un servizio, che è dettato dall’attualità. È un tema sul quale la RSI sta lavorando in tutte le redazioni, attraverso la sensibilizzazione costante e la messa a disposizione di strumenti che aiutino a migliorare la rappresentanza femminile. Il secondo è dato dal numero di donne presenti nelle varie istituzioni, che non è controllabile dai media e può incidere sulla loro presenza nei mezzi di comunicazione stessi. Prendendo come esempio la crisi dovuta alla Pandemia Covid19, che ha segnato fortemente l’attualità durante tutto il 2020, abbiamo tutte e tutti potuto appurare che nel Canton Ticino le persone che, per il loro ruolo erano chiamate a spiegare la realtà del momento, erano prevalentemente di genere maschile: dal Consiglio di stato al medico cantonale, dai direttori di ospedale allo Stato maggiore di condotta.
Secondo lo studio zurighese, le rubriche sportive e di economia sono quelle dove le donne sono meno presenti, mentre la presenza femminile è più elevata nelle pagine di società e cultura. Quali sono, a suo avviso, le difficoltà riscontrate dalle redazioni per migliorare la situazione?
Negli ambiti sportivi ed economici vi è probabilmente una maggiore preponderanza di profili maschili che rende più difficoltosa la ricerca di esperte. Però mi risulta che nella nostra azienda, malgrado comporti uno sforzo aggiuntivo, questa situazione non sia interpretata come una giustificazione per non ricorrere a delle interlocutrici.
Nel 2020, dopo la pubblicazione del secondo monitoraggio SUPSI sulla rappresentanza di genere nei palinsesti radiotelevisivi della RSI, quest’ultima aveva annunciato una serie di misure, tra cui in particolare l’introduzione di un monitoraggio mensile dei dati che verrà messo a disposizione delle e dei responsabili di tutte le redazioni. Ce ne può parlare?
Il sistema è una banca dati che permette dei miglioramenti in due ambiti. Da una parte esso rende possibile la condivisione dei contatti delle*i potenziali esperte*i tra le redazioni: questo per evitare, per abitudine, di contattare sempre la stessa cerchia di possibili ospiti; dall’altra parte, la banca dati fornisce in tempo reale un monitoraggio della rappresentanza di ogni singolo programma. Attraverso queste statistiche le*i responsabili possono avere una maggiore consapevolezza su un dato periodo di tempo e monitorare il raggiungimento degli obbiettivi di rappresentanza di genere.
Sono già stati riscontrati dei risultati?
È difficile dare una risposta documentata poiché ad influire sul dato nudo e crudo vi sono innumerevoli fattori indipendenti dagli strumenti e le misure introdotti. Cito nuovamente l’esempio della disponibilità di ospiti per il tema Coronavirus: nonostante la consapevolezza del tema sia fortemente aumentata – e di questo siamo molti contenti – e l’introduzione della banca dati, i dati relativi ai primi 6 mesi del 2020 rischiano di essere influenzati da una presenza prevalentemente maschile.
Di Valeria Camia