Stefano Bernasconi da ragazzo ha perso un braccio in un incidente, ma non ha mai smesso di giocare a calcio, soprattutto nel suo ruolo preferito: il portiere. Ci racconta che cosa significa far parte di una squadra speciale come i Camaleonti, protagonista di un documentario di Storie e dell’evento SSR.CORSI in programma il 26 aprile.
L’associazione I Camaleonti promuove regolarmente attività per un gruppo di persone con varie forme di disabilità, in particolare nell’omonima squadra di calcio. Come sei arrivato a farne parte?
“La squadra dei Camaleonti è nata nel 2019, in occasione di un torneo promosso dalla fondazione Football is more. Boris Angelucci (ideatore e allenatore della squadra, ndr.) mi ha contattato una settimana prima del torneo. Io ho sempre giocato a calcio, sia prima che dopo l’incidente, in particolare come portiere ma anche in altri ruoli. Sono stato anche allenatore, ma mi è sempre piaciuto giocare in porta. Facevo le scommesse con i miei giocatori, dicevo: ‘Voi siete in 15, se mi fate 10 gol faccio io i giri del campo di corsa, se no correte voi’. E alla fine correvano sempre loro. Durante i tornei amatoriali io giocavo sempre in porta. Poi una volta mi hanno chiesto se volevo essere il secondo portiere del Sonvico. Naturalmente ho accettato. Dopo diversi anni negli attivi, da due anni sono nei seniori del Lugano e anche lì qualche partita l’ho giocata in porta. Sono l’unico dei Camaleonti che gioca in una squadra di normodotati”.
Ci racconti il tuo incidente?
“Era il 1995, avevo 16 anni e facevo l’apprendistato a Locarno. Era un venerdì sera, pioveva e stavo tornando a casa in treno. Dovevo cambiare a Bellinzona. Ma mentre stavo salendo il treno è partito. Io sono scivolato sotto, tra il vagone e la pensilina e così ho perso il braccio. Con il tempo, piano piano ho ricominciato a fare tutto, imparando a usare un solo braccio e una sola mano, per esempio per prendere in braccio le mie figlie fin da quando erano neonate o cambiare loro il pannolino”.
Il documentario sui Camaleonti realizzato dal regista Patrick Botticchio per la RSI racconta l’esperienza della squadra al torneo internazionale di calcio inclusivo tenutosi a Bonn in Germania l’anno scorso. Come avete vissuto l’esperienza di essere seguiti dalle telecamere e intervistati?
“È stato tutto molto tranquillo e naturale. Tra i ragazzi non ho visto nessuno imbarazzato o a disagio Passati i primi cinque minuti, la troupe RSI faceva già parte della squadra! Anche perché nel gruppo c’è veramente un ambiente bellissimo, è un mondo completamente diverso”.
Avete partecipato anche alla post produzione? Ti è piaciuto il documentario?
“Noi abbiamo visto per la prima volta il documentario all’anteprima ufficiale al cinema. L’unico ad averlo visto in precedenza è stato Boris. Gli ho chiesto ‘com’era?’ e lui mi ha risposto: ‘Non ti dico nulla se no ricomincio a piangere!’. Posso dire che in generale le emozioni che abbiamo vissuto tutti sono state tante e forti e nel documentario si vede”.
Che cosa c’è nel futuro dei Camaleonti?
“La squadra prosegue, ormai dalla decina che eravamo all’inizio, adesso siamo più di venti. Alla fine del mese andremo a Lisbona, ospiti del SL Benfica, una squadra con cui abbiamo stretto un legame di amicizia grazie agli incontri durante i tornei di calcio inclusivo. Sarà un’esperienza davvero speciale per i ragazzi. Molti di loro non sono mai andati in aereo”.
Giorgia Reclari Giampà, segretariato SSR.CORSI