Rea Hochstrasser è infermiera in cure intense al Cardiocentro, struttura che dal 24 marzo ha messo a disposizione un intero piano per ospitare i pazienti affetti da Covid-19. L’abbiamo raggiunta tra un turno e l’altro per farci raccontare come sta vivendo questa situazione eccezionale, ma anche (e soprattutto) come valuta l’offerta della RSI chi come lei ha sotto gli occhi tutti i giorni gli effetti della pandemia nella Svizzera italiana.
Innanzi tutto, come sta? E come vive l’emergenza sanitaria legata al Covid-19?
“Lavoro in blocchi di settimane sia nel reparto covid cure intense al secondo piano, sia nel reparto cure intense “normale”. Questa organizzazione è stata voluta dal Cardiocentro per non sovraccaricare eccessivamente il personale. Naturalmente sono previsti i dovuti controlli e i presidi di sicurezza nel cambio tra i due piani per tutelare la salute di tutti. Comunque abbiamo aumentato i turni e lo stress si sente. Siamo abituati a gestire persone in isolamento, ma mai in questa dimensione. È una situazione nuova, cambia il modo di lavorare con i pazienti. Vengono intubati, non sai se si risveglieranno, i parenti non possono andare a trovarli per star loro vicino e siamo noi l’unico tramite. C’è poi anche la paura di portare a casa il virus e contagiare i propri cari. Ci sentiamo sostenuti dalla grande solidarietà dimostrata nei nostri confronti, ma proviamo anche rabbia per chi ancora non capisce la gravità della situazione. C’è chi mette a rischio la propria salute e quella degli altri senza rendersene conto. Anche il ciclista che va a farsi un giro, cade e ha bisogno di cure mette sotto pressione il sistema sanitario. Poi sentiamo dire che questo virus colpisce gli anziani, ma non è vero, anche da noi ci sono pazienti giovani, seppure sono pochi”.
Quanto segue in questo periodo l’offerta RSI e su quali canali (radio, tv, web…)?
“Quando posso seguo le conferenze stampa in diretta sulla RSI. Ma non sempre dopo una giornata di lavoro ho ancora voglia di sentire parlare del virus e allora mi guardo qualche film”.
Lei lavora nel settore sanitario: come valuta l’offerta informativa della RSI legata all’emergenza sanitaria? È sufficiente, adeguata o magari eccessiva? Oggettiva o allarmistica?
“Ho trovato molto interessante la serata speciale informazione di giovedì 2 aprile in cui è stato trasmesso il reportage dall’ospedale La Carità di Locarno. Trovo che sia un’ottima cosa se il servizio pubblico fa vedere che cosa succede davvero negli ospedali e fa parlare noi che lavoriamo sul campo. In generale comunque posso dire che mi piace il modo in cui vengono date le informazioni in Svizzera, più razionale e meno sensazionalistico di quello italiano”.
Come dovrebbe essere l’informazione giornalistica di servizio pubblico in un momento come questo?
“È giusto parlare della situazione ma senza creare polemiche e panico. Il problema è che molte persone non si informano. Mi mandano articoli e discussioni che trovano online chiedendomi se sono vere. Circolano parecchie fake news e tante persone non hanno capito neanche perché devono stare a casa.”
Riesce a guardare anche l’offerta di intrattenimento RSI?
“Guardo soprattutto film. Mi piacciono ma ci vorrebbe qualche pellicola più recente, sono spesso un po’ datati”.
E i pazienti covid che cosa guardano?
“Ci sono quelli che vogliono essere informati su tutto e altri che invece preferiscono rilassarsi con film, giochi e quiz, a volte anche solo ascoltare musica”.
Lei è anche socia della CORSI: che cosa potrebbe fare la società cooperativa in questo momento per meglio svolgere il suo ruolo di tramite tra il pubblico e la RSI?
“Sarebbe interessante fare un’inchiesta tra il pubblico per sapere che cosa vogliono vedere esattamente gli utenti in questo periodo di crisi e adeguare il palinsesto in base alle richieste”.
Di Giorgia Reclari Giampà, Segretariato CORSI