In previsione della tavola rotonda organizzata dalla SSR Svizzera italiana CORSI a Bellinzona il prossimo 2 dicembre 2024 dal titolo Quale futuro per l’informazione dei media e del servizio pubblico radiotelevisivo e per la democrazia? abbiamo incontrato Angelo Chiello, caporedattore di Radio Ticino, nota emittente radiofonica con sede a Locarno. Maggiori informazioni sull’evento.
Caro Angelo, come è nata la tua passione per il mondo dei media?
È nata ascoltando la radio. Da ascoltatore adolescente affascinato dal mondo radiofonico ho avuto la possibilità di assistere a una trasmissione in diretta un sabato pomeriggio del 1997 a RTO, radio privata che aveva sede alle porte di Verbania. Dopo non molto tempo è nata una collaborazione per una trasmissione sportiva proprio il sabato pomeriggio. Quel passatempo si è trasformato presto nel lavoro che continuo a portare avanti con passione.
Da quando hai assunto il ruolo di Caporedattore di Radio Ticino, qual è stato la tua maggiore soddisfazione e l’ostacolo più grande riscontrato?
La soddisfazione più grande è il gradimento espresso dagli ascoltatori rispetto alla qualità dell’informazione e dei programmi proposti. Da responsabile dell’informazione la sfida è sempre proporre format informativi, notiziari compresi, che arricchiscano chi ascolta. La scrittura e la scelta del linguaggio sono il veicolo più importante per trasmettere al 100% l’attualità e le informazioni necessarie alla vita nella Svizzera italiana. L’ostacolo più grande è sempre stata la gestione delle risorse per garantire qualità al prodotto. Quando ho iniziato 20 anni fa in redazione eravamo in tre. Ora, grazie agli investimenti dell’azienda volti a proporre sempre più contenuti in onda, il numero è più che raddoppiato. Siamo sempre una redazione piccola rispetto alle altre, ma come dico io “con pochi centimetri di stoffa riusciamo a realizzare un vestito”.
Dal tuo punto di vista, quali sono le maggiori sfide per raggiungere i nuovi pubblici? I giovani sono davvero così “irraggiungibili” con i media tradizionali?
La radio ha il merito e la fortuna di essere un media molto diretto, vivo e fruibile ogni momento del giorno. La sfida è riuscire sfruttare tutti gli strumenti disponibili, dai social all’intelligenza artificiale in futuro, senza perdere di vista l’essenza del mezzo. È quella che nella sua immediatezza, nel suo contenuto e nella sua energia, cattura chi è all’ascolto. L’attenzione ai temi e ai contenuti proposti può fare la differenza calamitando anche chi è apparentemente lontano dai media tradizionali.
Partendo dal presupposto che i giovani non ascoltano la radio o forse ne fruiscono in maniera diversa, quale futuro vedi per le emittenti radiofoniche?
Contenuti multimediali, più trasversali, sono sicuramente uno strumento potente. Da questo punto di vista in radio ci siamo interrogati già tempo fa sulla strada giusta da percorrere. Un canale comunicativo solo non basta. I tentativi di molte radio di portare questo mondo, solo immaginato per decenni, in televisione ne sono la dimostrazione. Radio Ticino, nel suo piccolo, ha trovato una chiave di lettura diversa rispetto alla maggior parte delle radio a livello internazionale. Scommettere sulla cosiddetta «radiovisione» con i video musicali delle canzoni in onda sta pagando molto. La sensazione è che sia una proposta molto apprezzata dai più giovani a chi è più avanti con l’età. Sicuramente il futuro del mezzo radiofonico sono lo streaming e i podcast. Non è mai da escludere il ritorno al passato (basti pensare alla riscoperta del vinile che viviamo attualmente!), ma credo che l’ascolto della radio migrerà sempre più su dispositivi smart come il telefonino.
Come valuti la relazione e la collaborazione fra il servizio pubblico radiotelevisivo RSI e le realtà radiofoniche sia private che indipendenti presenti sul territorio?
Dal mio punto di vista la collaborazione è ottima. Ho avuto il piacere di proporre in passato collaborazioni con RSI per mondiali e olimpiadi, potendo contare su collegamenti con giornalisti inviati sul posto per raccontare i grandi eventi con una chiave di lettura diversa rispetto ai servizi proposti sui canali RSI. La risposta è stata sempre positiva, così come il risultato. Il pubblico ha apprezzato molto. Collaborazioni simili, che ci hanno fatto stringere legami con i colleghi di Besso e Comano, si sono presentate anche in occasioni volte alla beneficenza. Le trasmissioni di «Ogni centesimo conta», per citare un esempio concreto, ci hanno unito, fatto divertire e soprattutto hanno fatto del bene. L’unione fa la forza davvero, non è una frase fatta priva di significato. Il presupposto dal quale parto è che tra RSI e Radio Ticino non c’è concorrenza, anzi. Abbiamo dimensioni e linguaggi diversi, per un pubblico diverso, ciò che ci rende complementari.
Anche in qualità di emittente radiofonica privata Radio Ticino, così come le altre emittenti di servizio pubblico, è beneficiaria di una quota del canone radiotelevisivo. Quanto è importante il servizio pubblico dei media per la democrazia?
Fondamentale, essenziale. Tutto tende a essere globale e uniforme nella proposta. Proprio per questo motivo servono gli strumenti per capire e orientarsi, al di là degli slogan partitici. La capacità di ragionare autonomamente del cittadino e quella di radio e tv, pubbliche e private, di formare l’opinione, sono la salvezza del nostro sistema democratico. Radio Ticino, per esempio, non ha gruppi editoriali alle spalle o partiti politici che ne condizionano la linea editoriale, il taglio di una notizia piuttosto che un dibattito. Questa libertà, questa trasparenza non interessata, unita a differenti punti di vista offerti nel resto del panorama mediatico, sono ossigeno puro per la democrazia.
Quale futuro si prospetta dal tuo punto di vista? I media e il servizio pubblico radiotelevisivo saranno destinati a sparire e con loro la democrazia?
Non credo. Nonostante abbiamo la fortuna di vivere in un Paese che, rispetto ad altri, fa dormire sonni più tranquilli, uno scenario così catastrofico non riesco a immaginarlo. Anche se dovesse peggiorare la situazione, la natura dell’essere umano e i giornalisti con la vera vocazione, si faranno sentire nell’urgenza di difendere i valori necessari al buon funzionamento del Paese. Indipendentemente dal colore politico scelto dal popolo. La sfida più grande, soprattutto per chi fa politica, è spingere più cittadini a votare. La sensazione, anche il mio timore, è che disinteresse (magari proprio dettato dal fatto che in Svizzera si sta bene) o senso di sfiducia nella classe politica, non rendano più uno spaccato reale al termine di una votazione o di un’elezione rispetto a ciò che pensa la vera maggioranza della popolazione. Una delle più grandi sfide per i mezzi d’informazione è tutelare e corroborare proprio questa dinamica virtuosa: formare l’opinione e spingere ancora più cittadini a esprimersi rispetto al futuro del Paese.
Veronica Delsindaco, Segretariato SSR.CORSI