Quale futuro per i quotidiani della Svizzera italiana? È un tema su cui discuteranno i due direttori designati del Corriere del Ticino e de laRegione Paride Pelli e Daniel Ritzer in occasione del dibattito CORSI-ATG del 3 dicembre. Intanto ne abbiamo parlato con Giorgia Blotti, redattrice multimediale per il format Spam della RSI, che propone video per i giovani e i giovanissimi sui social network.
Nella Svizzera italiana ci sono molti media in rapporto alla popolazione. Che cosa ne pensi? Sono al passo con i tempi?
“Non trovo che ci siano troppi media, perché è importante avere più fonti da cui informarsi. Le diverse fasce di popolazione hanno abitudini diverse, quindi la varietà dei mezzi di comunicazione (giornali, radio, tv, siti web) risponde ai bisogni un po’ di tutti. Quasi tutti stanno provando ad adeguarsi ai nuovi canali: io seguo le sezioni info sulle pagine social dei vari media e vedo che tutti si impegnano per raggiungere nuovi lettori. Ormai i giovani si informano solo online, non guardano la tv lineare, non utilizzano nemmeno più Facebook ma solo Instagram e i media devono adeguarsi”.
Tu leggi i quotidiani cartacei?
“No, non li leggo. I miei genitori hanno un abbonamento a un quotidiano, ma io che vivo da sola no. Sono nata e cresciuta leggendo le notizie online, per me è normale cercare informazioni solo sul web. E con web intendo i social network, perché non vado mai direttamente sui siti internet dei media: leggo le notizie che mi appaiono in automatico sulla bacheca. Mi dispiace un po’ dirlo, non vorrei avere una percezione sbagliata, ma credo che fra 10-20 anni non ci saranno più fruitori di giornali cartacei. Perché noi che siamo cresciuti con il digitale non credo cominceremo mai a leggerli: le abitudini sono difficili da cambiare una volta che sono radicate”.
Quindi non c’è futuro per la carta?
“L’unico cartaceo che leggo è la Rivista 3Valli (mensile), perché mi dà informazioni sulla micro-realtà locale in cui vivo, che non trovo sul web. Ecco, forse è questa l’unica strada per la carta, dare qualcosa che non si trova in Internet”.
Come devono essere i contenuti giornalistici per il web rispetto a quelli dei media “tradizionali”? “Da due anni lavoro per SPAM, un format RSI rivolto ai ragazzi tra i 17 e i 27 anni. Produciamo video per i social network su temi di attualità che possono interessare i giovani. Il lavoro preliminare di ricerca di informazioni, verifica delle fonti e redazione dei contenuti è in tutto e per tutto giornalistico. Il passo in più che facciamo è riuscire a tradurre il contenuto della notizia in un linguaggio adatto al web (Facebook e Instagram). La difficoltà sta nel fatto che ogni social ha le sue regole, modalità e tempistiche e quindi bisogna adattare il contenuto alle piattaforme, sempre tenendo bene a mente qual è il nostro target”.
Chi è abituato ai media tradizionali spesso ritiene che sui social ci sia soprattutto intrattenimento un po’ superficiale. Che cosa ne pensi? E come si concilia il mandato di servizio pubblico con questo modo di fare informazione?
“Non sono d’accordo con chi dice che creiamo contenuti superficiali. Sul web il modo di comunicare è molto diverso rispetto alla carta o alla televisione. Un servizio realizzato per il Telegiornale sui social non lo guarda nessuno. Quindi il nostro lavoro è rendere una notizia interessante per chi si informa solo online, ma senza snaturarla. Il mandato di servizio pubblico si realizza proprio nella capacità di raggiungere i giovani parlando il loro linguaggio”.
Quindi che cosa consiglieresti ai nuovi direttori dei quotidiani per raggiungere i giovani?
“Non mi permetto di dare consigli a dei direttori! Comunque, per comunicare con i giovani bisogna andare là dove ci sono, cioè sui social. Per farlo si deve svecchiare il linguaggio giornalistico tradizionale e non smettere di stare al passo con i tempi, perché il mondo dei social evolve molto in fretta. Per riuscirsi la chiave è…farlo fare ai giovani, coinvolgendoli il più possibile! A Spam siamo una redazione di giovani ma abbiamo anche molti ragazzi che collaborano con noi, per esempio per realizzare i servizi “Vox pop” di raccolta di opinioni su un argomento all’uscita della scuola. Ci consultiamo con loro, manteniamo un contatto stretto e loro d’altra parte ci fanno conoscere e ci promuovono fra i loro coetanei”.
di Giorgia Reclari Giampà, segretariato CORSI