Servono riforme chiave per migliorare la fiducia nell’imparzialità del servizio pubblico, per rendere i meccanismi di controllo dei reclami da parte dei telespettatori ancora più indipendenti e trasparenti, e per rinnovare il ruolo degli organi competenti. Questo in estrema sintesi il contenuto della revisione di metà mandato del governo britannico sulle prestazioni e sulla governance della BBC. Si incoraggia inoltre la British Broadcasting Corporation (BBC, appunto) a coinvolgere comunità diverse (quelle periferiche ad esempio, lontane dalla city) e sotto-rappresentate sia sullo schermo che fuori. Il tutto però con 7,5 milioni di sterline all’anno (quasi 8,5 milioni di franchi) in meno per i servizi giornalistici e servizi “locali” - come annunciato a fine novembre dello scorso anno dall’azienda. A ciò si associa un buco di finanziamento di 285 milioni di sterline entro il 2027.
Così, mentre non mancano le critiche di quanti si chiedono come sia possibile che il broadcaster nazionale dal budget tagliato mantenga alta la propria affidabilità ed efficacia, l’azienda punta il dito contro il congelamento del canone.
Il buco nero lasciato dal congelamento del canone
Era il 2022 quando il governo britannico prese la decisione di bloccare l’aumento del canone radiotelevisivo (fissato a 159 sterline) per due anni. La decisione di congelare i costi dell’abbonamento alla BBC era stata giustificata dalla scelta di proteggere le famiglie britanniche durante un periodo di difficoltà economiche, legate al forte aumento del costo della vita. Dal primo aprile 2024, però, il canone è stato adeguato all’inflazione; quindi fino alla scadenza dell’attuale statuto, prevista per la fine del 2027, si pagherà 10 sterline in più all’anno per la guardare e ascoltare i canali della BBC.
Tutto bene? Non proprio, perché in seguito al calo delle entrate economiche, i tagli che l’azienda ha dovuto fare fino ad oggi sono considerevoli e l’aumento del canone lascerà comunque un divario di finanziamento (il cosiddetto funding gap) di circa 90 milioni di sterline, con profonde pressioni sui singoli budget destinati alle produzioni. Già nei mesi scorsi, ad esempio, si è assistito a licenziamenti tra il personale (127 giornalisti “lasciati a casa”) e alla riduzione della durata di alcuni programmi (o addirittura alla loro cancellazione). Tra le “vittime famose” di questo piano di risparmio è finito un noto programma di informazione giornalistica, Newsnight, considerato un’eccellenza nazionale, come sottolineato in diverse occasioni da Emily Bell, direttrice del Tow Center for Digital Journalism.
A rischio le produzioni locali e le basi stesse del servizio pubblico?
In chiara opposizione a quanto contenuto nel programma Across the UK (ATUK) della BBC - nell’ambito del quale l’azienda mira a spostare al di fuori di Londra ulteriori £700 milioni delle sue spese entro marzo 2028 - si sta andando verso un’esplicita centralizzazione delle notizie trasmesse dagli studi della capitale. Ad evidenziarlo è un’inchiesta appena conclusa e condotta dalla Commissione per i Conti Pubblici (Public Accounts Committee) del parlamento britannico: il documento sottolinea la poca chiarezza della BBC su come “migliorare la pertinenza del suo contenuto per il pubblico locale o creare nuovi posti di lavoro locali”. Basti pensare che il piano di riorganizzazione dell’emittente prevede che il telegiornale “BBC News at One” rimanga l’unico notiziario nazionale quotidiano a non essere trasmesso da Londra (ma da Salford, nella periferia di Manchester). Ci sono poi i tagli alla radio locale della BBC, che comportano riallocazioni di budget alle piattaforme online, ma così facendo, enfatizza la Commissione, vengono ridotti i servizi per le fasce deboli (come gli anziani) e per gli ascoltatori che non sono “nativi digitali” o che comunque hanno meno possibilità di accedere alle piattaforme web.
Tutto ciò, denuncia Paul Siegert della National Union of Journalist, sindacato che conta tra i suoi membri anche molti giornalisti della BBC, non mina alla base il ruolo della BBC, che dovrebbe essere un’emittente nazionale al sevizio di tutti?
Valeria Camia, giornalista