Lo spazio dedicato ai libri del sabato pomeriggio su Rete Due è raddoppiato con il nuovo palinsesto, grazie a due novità che accompagnano la storica trasmissione Alice. Insieme a Camera d’Eco (vedi suggeriti) c’è Le Città Invisibili, “una raccolta sonora di percorsi urbani d’autore: voci, letture, canti e rumori creati da chi scrive, parla e lavora creativamente con la lingua italiana nel mondo”, come lo definisce Daniel Bilenko, coautore insieme a Vanni Bianconi. Lo abbiamo intervistato per farci raccontare dettagli, retroscena e curiosità di questa inedita trasmissione.
Che cos’è Le città invisibili?
“Stringatamente possiamo definirla come una raccolta sonora di percorsi urbani d’autore della durata di 25 minuti circa ciascuno: voci, letture, canti e rumori creati da chi scrive parla e lavora creativamente con la lingua italiana nel mondo. Abbiamo immaginato una mappa del mondo e una rosa di traduttori poetesse scrittrici e registi abitanti i quattro angoli della Terra che potessero raccontare o addirittura reinventare il proprio quartiere, la propria metropoli. È stato divertente e anche emozionante!”
Come nasce l’idea della trasmissione?
“Nei media succede spesso che la letteratura venga ridotta a interviste con scrittori e scrittrici per parlare della loro ultima opera. Come se fosse tutto una questione di mercato editoriale. Il che va bene, è una prassi giornalistica che permette di aggiornare il pubblico e di offrire riflessioni di qualità. Ma perché non coinvolgere più creativamente e personalmente le autrici e gli autori, e al contempo provare a estendere il concetto di letteratura e di scrittura? E come esplorare o esaltare questo nostro patrimonio mondiale che è lingua italiana?
Alla base de Le città invisibili c’è la volontà di sperimentare in questa direzione. E chi se non Vanni Bianconi (responsabile del settore Cultura della RSI, ndr.), con il suo percorso poetico e professionale, poteva pensarci e adoperarsi con efficacia? Ecco, dunque, che ci siamo messi a chiamare e spiegare il progetto agli autori coinvolti”.
È stato facile convincerli di stare al gioco?
“Premessa: questi sono per lo più artisti che sanno scrivere e che hanno uno sguardo originale sul mondo. Ora invece chiedevamo loro di mettersi in gioco usando suoni e… orecchie! Di trasformarsi cioè da “letterati” a “audiomaker”: di scrivere un testo, certo, ma anche di leggerlo e di registrarlo (da casa, dalla spiaggia, al supermercato), usando il telefonino o il registratore di un’amica. Ad alcuni il gioco pareva troppo osé, per altri non ci si stava coi tempi. Ma in generale la cosa ha attecchito, e una volta capito con chi si poteva fare, mi sono occupato di quello che io definisco ping pong: una specie di conversazione a due (moltiplicata per 16, ovvero per il numero delle puntate previste in questa prima stagione), tra me e l’autrice o l’autore, che avviene via mail, via WhatsApp o attraverso telefonate anche notturne, a dipendenza dei fusi orari. Per capire che taglio dare, come costruire la drammaturgia, o anche solo per dare qualche trucco tecnico”.
Per esempio?
“Ovviamente nessuno ha a disposizione uno studio radiofonico professionale. E dunque se si vuole un suono pulito, per evitare riverberi o acustiche strane, basta registrare la propria voce in camera da letto o sotto una coperta. Un metodo artigianale ma molto efficace.
Oppure, siccome quasi tutti hanno usato il proprio telefonino, dicevo loro di tenerlo sotto il mento e non davanti alla bocca per evitare di “saturare” o di avere certe consonanti come la “p”… sParate!”. Per quanto riguarda montaggio, ulteriore sonorizzazione e missaggio ce ne siamo occupati qui a Besso con i tecnici Martino Albertoni, Thomas Chiesa e Yuri Ruspini, coi quali abbiamo cercato musiche ad hoc e integrato paesaggi audio, sempre in dialogo con gli autori, e anche registrato le mie piccole introduzioni che non sono altro che un invito atmosferico all’ascolto immaginativo. La voce della sigla è invece quella dell’attrice, burattinaia e cantante rumena Ioana Butu (protagonista del recente spettacolo “Natasha ha preso il Treno”)”.
Le puntate ora si possono ascoltare. In quali città ci fate viaggiare?
“Nella prima puntata, la giovane scrittrice Giuliana Altamura che da qualche anno vive e ha messo su famiglia a Vacallo racconta con le sue parole e la complicità, fra gli altri, di autori come Nicola Lagioia, Gianrico Carofiglio e il rapper Max il Nano, la luce della sua città natale, Bari. Nella seconda invece il grande fotografo Andrea Cavazzuti, che vive in Cina da oltre 40 anni, ci offre un collage di cartoline audio registrate durante una passeggiata di un parco qualsiasi di Pechino. E poi la storia d’amore e di disamore con Marsiglia del regista Walser Manuel Maria Perrone, o il trauma di guerra con la Mogadiscio della scrittrice italo-somala Ubah Cristina Ali Farah, o ancora la Mosca del traduttore e poeta Sergey Durasov… Viva la diversità! Viva le storie che fanno viaggiare, che sconfinano, che ci aprono lo sguardo e la capacità d’ascolto. E viva l’italofonia, quella ricchezze di pronunce e vissuti, di ritorni e nuove partenze, che nel mondo intero collega migrazioni e immigrazioni, antiche e recenti, e gli innamoramenti che portano persone di ogni dove a imparare una delle lingue più congenitamente sconfinante”.
Filo conduttore delle nuove proposte di Rete Due legate ai libri e alla letteratura, infatti, è la valorizzazione dell’italofonia oltre i confini della Svizzera italiana (e dell’Italia). Come mai questa scelta? E quanto conta per il servizio pubblico raggiungere (e coinvolgere attivamente) anche questa fascia di pubblico?
“Parlerei di fasce di pubblico, al plurale. Esistono più comunità italofone importanti alle quali possiamo parlare, tenere compagnia, offrire dei programmi di qualità non per forza ancorati sul nostro territorio. Penso agli espatriati con cui ho potuto conversare quando ero al microfono di Albachiara (che bella esperienza!); penso al milione di cittadini oltre Gottardo che la studiano, la lingua italiana, o la sanno per via della propria storia famigliare, oppure penso al pubblico di estimatrici e di estimatori non italofoni che ci ascoltano e apprezzano per quello che siamo: un’istituzione culturale nazionale capace di fare e di propagare programmi non sulla Svizzera ma fatti (made) in… Switzerland.
È una partecipazione mediatica e costruttiva al mondo che ci circonda e di cui facciamo parte. L’altra mattina mentre ero al microfono di Verde Aurora ha scritto via WhatsApp un ascoltatore polacco da Cracovia che ci ascolta via internet. Lo trovo una cosa fantastica. Fa bene allo spirito e giova all’immagine della RSI, no?”
Più in generale, a chi si rivolge Le città Invisibili?
“Le Città Invisibili non solo è un progetto fatto apposta per la Rete Due e per tutto il pubblico RSI (a sud ma anche a est, ovest e nord delle Alpi) ma anche un programma perfettamente in sintonia con le nuove abitudini di ascolto, la radio on demand e il podcast. Il pubblico potrà riascoltarle o scoprirle anche fra 6 mesi o 3 anni e non saranno invecchiate. Anzi…”.
A proposito di nuove abitudini di ascolto, prima hai fatto riferimento all’idea di estensione del concetto di letteratura, che sta alla base della trasmissione. Che cosa intendi?
“L’estensione è da intendere anche come prassi: non più penna, fogli o tastiera e monitor –in funzione d’un oggetto chiamato “libro” e di fruitori chiamati “lettori”– ma anche un registratore, che oggi come oggi tutte e tutti noi col nostro smartphone abbiamo sempre con noi ma adoperiamo in modo, diciamo, standard, non creativo.
Qui, con LCI abbiamo spronato a una ricerca narrativa, poetica, riflessiva ed estetica nuova: una letteratura che diventa sensoriale, uditiva, non più fatta di sole lettere che compongono parole, versi e frasi; e dove la voce non è da intendere in senso figurato ma fisico — la propria voce, quella emessa dalle nostre corde in gola, arricchita da evocazioni, atmosfere acustiche, musiche, citazioni… Una costruzione letteraria, dunque, sonora!
Un approccio, il nostro, sperimentale e probabilmente figlio, anche, dell’epoca pandemica, dei confinamenti, di giorni e di notti al chiuso che hanno limitato ma anche spinto verso altre modalità espressive (l’online). Nel mondo italofono proprio durante i lockdown, il mercato del podcast è esploso, con un aumento vertiginoso di produzioni audio “fatte in casa”. Perché il bisogno di esprimersi, di raccontare storie non è sopito, anzi, si è acuito e perché oggi è possibile tecnicamente e c’è domanda.
L’estensione del concetto di letteratura però è anche nel senso della tipologia di persone coinvolte: non solo “scrittrici” o “poeti”, cioè letterati in senso stretto, ma anche registi di cinema e di teatro, ad esempio, che scrivono tutti i giorni, copioni, scalette, sceneggiature che poi mettono in scena, attraverso uno sforzo collaborativo (la troupe attoriale e tecnica). Oppure traduttrici e traduttori, che s’adoperano in opere di ricerca e di formulazione linguistica fedele e al contempo creativa continua in nome d’un originale letterario da divulgare”.
Giorgia Reclari Giampà, segretariato CORSI