Quando si pensa alle associazioni e ai servizi di consulenza italofoni attivi oltre Gottardo, la mente li figura, tipicamente, come realtà legate al mondo del lavoro e di aiuto su questioni di integrazione al servizio di migranti italiani. Meno noto, forse, è un più recente fenomeno: esso riguarda la crescente richiesta di informazioni legali e di carattere amministrativo riguardanti l’Italia e che giungono anche da persone svizzere senza passato migratorio. L’italiana Sara Botti, nel suo ruolo di avvocato a Zurigo, si confronta quotidianamente con richieste legate a pratiche legali, fiscali e amministrative, che interessano sia l’Italia che la Svizzera: “I nostri clienti – spiega Botti – rappresentano uno spaccato moderno della rappresentanza italofona in Svizzera. Abbiamo a che fare quotidianamente con italiani che si sono trasferiti in Svizzera da moltissimi anni, così come con le seconde generazioni che mantengono collegamenti con l’Italia. Abbiamo, però, anche clienti svizzeri, spesso non italofoni, che hanno questioni giuridiche aperte in Italia oppure interessi, soprattutto immobiliari. Essi ci chiedono di assisterli e capire appieno le dinamiche giuridiche o amministrative italiane”.
Inoltre, come sottolinea Botti, negli ultimi anni stanno giungendo nelle regioni svizzere oltre Gottardo persone altamente qualificate ma che non hanno ancora dimestichezza con il tedesco o con il francese: “da questi migranti arrivano domande legate, ad esempio, alla messa in proprio di una azienda o pertinenti questioni di gestione familiare. Queste informazioni sono disponibili generalmente solo nella principale lingua cantonale e ciò è motivo di difficoltà per i nuovi arrivati. Purtroppo, l’italiano è ancora una lingua un po' bistrattata oltre Gottardo e spesso è davvero difficile, per non dire impossibile, ottenere informazioni in italiano da parte degli uffici pubblici. Sarebbe auspicabile un poco più di apertura nei confronti di chi parla l’italiano, che resta pur sempre una delle lingue ufficiali della Confederazione”.
Per Sara Botti, anche la Radiotelevisione svizzera di lingua italiana dovrebbe garantire maggiore attenzione alla comunità di italofoni che non risiedono né in Canton Ticino né nei Grigionitaliano: “Vivo a due passi da Zurigo, dove la presenza italofona è altissima e ammetto che questo mi ha fatto sentire accolta nei primi periodi e ha agevolato il mio prendere confidenza con la città. Sono una persona che cerca sempre di informarsi molto e, impegnandomi per migliorare il mio tedesco, mi obbligo a seguire il telegiornale e leggere i quotidiani online in tedesco. Devo però dire che ‘la lettura finale’, ad esempio quella serale, è sempre dedicata alle pagine dei quotidiani ticinesi e ascoltare i programmi della radio RSI, quasi a voler cercare nella comunicazione in italiano un gesto di affettuosità per sentirmi un po’ più a casa”.
Quando le chiediamo cosa potrebbe fare meglio la RSI, Botti non ha dubbi: “Apprezzo molto il servizio radiotelevisivo dei media di lingua italiana. Trovo che sia di qualità e che aiuti davvero gli italofoni ad avvicinarsi alla cultura svizzera. Credo però che gli italofoni oltre Gottardo abbiano bisogno di essere raccontati non solo nelle loro difficoltà, ma anche nei loro successi. È vero che molti di noi provengono da storie di immigrazione sofferta, ma esistono anche moltissime storie di successo, di rinascita, di qualità che fanno breccia sul territorio e che possono essere esempio ed ispirazione per molti. Per me lo è stato; non appena arrivata in Svizzera mi sono guardata intorno, mi sono presa del tempo per osservare e capire quale potesse essere il mio ruolo. Ho conosciuto tanti italiani di successo e questo mi ha dato coraggio, mi ha permesso di comprendere che portare le mie competenze italiane nella Svizzera tedesca sarebbe stato un buon modo di realizzarmi e crescere. Credo che raccontare belle storie sia utile a risvegliare l’ambizione di chi si trova in difficoltà, anche a causa della lingua. Gli ottimi formati che già esistono, come Modem ad esempio, potrebbero dare maggiore attenzione al racconto di questa migrazione, ormai costitutiva della Svizzera”.
Di Valeria Camia