Amante della cultura, dei media di qualità e attiva sostenitrice del servizio pubblico. Giovanna Masoni Brenni, nuova presidente della SSR.CORSI, si presenta e spiega il suo impegno per far fronte a quella che definisce una “bufera infernale”.
Con quali sentimenti hai accolto la nomina a presidente della SSR Svizzera italiana CORSI?
“Sicuramente soddisfazione, combinata però con il peso della responsabilità che si sente sulle spalle, soprattutto in questo momento, in cui i media (e la SSR in particolare) si trovano in quella che ho chiamato “bufera infernale”. Tutte le circostanze principali sono negative: la rivoluzione digitale, il calo della pubblicità, le sfide finanziarie e le sfide politiche. È veramente un momento delicato, ma ci adopereremo per uscirne”.
Qual è il tuo rapporto con i media e in particolare con il servizio pubblico radiotelevisivo?
“Il mio contatto con i media inizia la mattina quando mi sveglio: ascolto il radiogiornale RSI, poi passo sulla SRF e la BBC. Durante il giorno al lavoro ho poco tempo per seguire le notizie, così la sera recupero, soprattutto con le trasmissioni di informazione e approfondimento della RSI”.
Solo emittenti di servizio pubblico, quindi…
“Sì, praticamente non seguo emittenti private, a causa soprattutto del livello di quelle italiane (sia per lo scadere delle trasmissioni che per l’immagine della donna veicolata). Faccio un’eccezione per Teleticino e Radio 3iii. Con pochi mezzi riescono a proporre buone trasmissioni di cronaca e politica regionale. Trovo che siano anche di stimolo per la RSI”.
Giornali?
“Leggo Corriere del Ticino, La Regione e Neue Zürcher Zeitung. Ricevo una rassegna stampa del Sole 24 Ore e del Financial Times. Sarebbe bello poterli leggere integralmente tutti, ma ci vuole troppo tempo!”
Qual è il dossier principale che hai attualmente sulla tua scrivania di presidente?
“Il dossier prioritario al momento è uno solo, per la SSR.CORSI come per tutta la SSR, ed è la consultazione sulla proposta del Consiglio federale di portare il canone a 300 franchi. C’è tempo solo fino al 31 gennaio per prendere posizione. Come l’iniziativa “200 franchi bastano”, anche la controproposta del Consiglio federale, se accettata, andrebbe a indebolire nel profondo il servizio pubblico radiotelevisivo. Ci auguriamo che anche dalla Svizzera italiana arrivino numerose prese di posizione contro queste misure, che sono solo apparentemente accettabili”.
In questo contesto, quale deve essere il ruolo delle società regionali?
“Devono continuare a svolgere il loro duplice ruolo: da un lato promuovere il radicamento del servizio pubblico radiotelevisivo nel territorio; dall’altro vegliare affinché l’adempimento del mandato avvenga in modo corretto, in particolare tramite l’esercizio delle competenze relative all’allocazione delle risorse per l’azienda, al monitoraggio delle trasmissioni, alle nomine. Quindi si devono impegnare per garantire all’azienda i mezzi necessari a svolgere il suo mandato, mantenendo al contempo una posizione di terzietà, indispensabile per contribuire a migliorare la qualità dell’offerta”.
Recentemente sei stata nominata vicepresidente della SSR. Quali istanze o tematiche della Svizzera italiana porterai a livello nazionale?
“I presidenti delle tre società regionali fanno parte del CdA SSR. Ognuno di noi mette l’accento anche sulla regione linguistica che rappresenta. La SSR è un pilastro del federalismo culturale, grazie al quadrilinguismo e alla chiave di riparto che permette a tutte le regioni linguistiche di avere un’offerta di servizio pubblico equivalente. A livello nazionale dovremo continuare a difenderla, perché se i mezzi a disposizione diminuiranno, le redazioni regionali (decentrate) ne saranno fortemente colpite e ci sarà anche chi cercherà di mettere in discussione la ripartizione, che per la Svizzera italiana è fondamentale. Pensiamo che la RSI contribuisce al budget SSR per il 4% e ne riceve il 20%!”
Non sarà facile difendere gli interessi della Svizzera italiana dato che proprio dal Ticino arriva un terzo delle firme raccolte per l’iniziativa “200 CHF bastano”…
“Di principio non biasimo chi firma un’iniziativa per poter votare su un tema. Ma chi firma solo per partito preso non fa l’interesse del proprio Paese. Adesso che si va verso il voto è il momento di approfondire e capire davvero che cosa significherebbe l’approvazione di queste misure. La RSI è l’azienda più importante dell’economia della cultura nella Svizzera italiana. Ridurla drasticamente significherebbe tagliare risorse, posti di lavoro, competenze, occasioni formative non solo al suo interno, ma in tutto il settore audiovisivo regionale”.
Nella tua carriera politica (e non solo) hai sempre avuto un occhio di riguardo per la cultura, come mai? Da dove deriva?
“Arriva di sicuro da quanto vissuto in famiglia, i miei genitori mi hanno trasmesso il loro amore per l’arte, la letteratura, la musica. Mia mamma ci leggeva moltissimi libri, spesso classici. Ma anche la scuola è stata fondamentale, alcuni docenti hanno contribuito a trasmettermi la passione per le loro materie”.
Secondo la Concessione, la SSR “contribuisce allo sviluppo culturale e al rafforzamento dei valori culturali del Paese”. Quale tipo di cultura deve promuovere la RSI?
“La cultura è una e tutti possono appropriarsene, ognuno al proprio livello, anche partendo da zero. Sono convinta che in ognuno ci sia un’aspirazione al bello, che può essere coltivata e nutrita. Avere buoni mediatori culturali sicuramente aiuta. I primi sono i genitori, seguiti dai docenti. Poi ci sono i media. La RSI ha un ruolo importantissimo, per mandato costituzionale ha il compito di promuovere la libera formazione delle opinioni e la diffusione, la mediazione e la produzione culturale nelle quattro lingue nazionali”.
Quindi una cultura alla portata di tutti?
“La RSI ha anche il compito fondamentale di mediare la cultura e renderla accessibile. Non bisogna pensare che per raggiungere un pubblico vasto si debba per forza abbassare il livello. Si pensi alle letture pubbliche della Divina Commedia: anche nella Svizzera italiana hanno registrato sempre il tutto esaurito, (persino alla “Resega”) nonostante l’opera di Dante possa sembrare difficile. Quello della cultura alta o bassa è un cliché banalizzante e limitativo”.
A proposito di cultura, la SSR Svizzera italiana CORSI sostiene e collabora con l’Orchestra della Svizzera italiana, come mai?
“La musica è la forma espressiva dell’arte nella quale la Svizzera italiana ha più tradizione e la “Città della Musica” di Lugano darà ulteriore slancio. Buona parte di questa tradizione viene dalla RSI, come pure dalle bande civiche. Il sostegno che la SSR.CORSI dà e continuerà a dare (compatibilmente con i mezzi a disposizione), risponde alla volontà di sostenere quelle competenze musicali che un tempo la RSI aveva sviluppato al suo interno (con l’Orchestra della Radiotelevisione svizzera di lingua italiana). L’OSI è stata scorporata dall’ente radiotelevisivo, ma la collaborazione con la RSI è rimasta molto stretta, come pure la vocazione di servizio pubblico dell’orchestra. Da qui nasce e si rinnova il sostegno della SSR.CORSI”.
La base della SSR Svizzera italiana CORSI è costituita dai suoi oltre 3.000 soci: quale messaggio vuoi rivolgere loro?
“Ogni singolo socio e singola socia è importante. La RSI è in pericolo e, fermo restando che deve sempre migliorarsi, dobbiamo sostenerla e darle i mezzi per poter fare sempre meglio. Quindi ai soci dico: siate attivi nel territorio, aiutateci a trovare nuovi sostenitori, voi che conoscete il valore del servizio pubblico radiotelevisivo”.
E ai non soci?
“Questo è il momento di diventare soci, perché il servizio pubblico che abbiamo non è per nulla scontato. Si potrebbe essere tentati di credere che i tagli al canone non abbiano conseguenze. Ma pensiamoci bene: risparmiando 10 centesimi al giorno (se il canone fosse abbassato a 300 franchi) o 30 centesimi al giorno (con il canone a 200 franchi) si perderebbe davvero tanto e si metterebbe in pericolo la RSI. Dobbiamo sì confrontarci e discutere su quanto c’è da migliorare, ma anche sforzarci affinché il servizio pubblico continui ad avere i mezzi per continuare a esistere. Di recente ci sono stati eventi e situazioni che hanno messo in evidenza l’importanza di avere un servizio pubblico forte e indipendente, come la pandemia o le guerre. Pensiamoci”.
Giorgia Reclari Giampà