Giovedì 30 gennaio alle ore 20.00 presso lo Studio Foce di Lugano, la SSR Svizzera italiana CORSI, in collaborazione con le altre società regionali, organizza un primo evento di avvicinamento all’Eurovision Song Contest, che quest’anno si terrà sabato 17 maggio alla St.Jacobshalle di Basilea. Esso fa parte di una serie di eventi itineranti intitolata SRG SSR On the Road to Basel: la Svizzera unita nella musica che vedrà l’esibizione di artisti svizzeri che hanno partecipato al concorso e/o rappresentativi della musica Svizzera. Nella serata inaugurale di questa serie avremo il piacere di ascoltare i Sinplus e Sebalter, che parteciparono alla kermesse internazionale rispettivamente nel 2012 e nel 2014. Maggiori informazioni.
A rappresentare la Svizzera italiana in questa serie itinerante di eventi di avvicinamento all’Eurovision Song Contest ci sarà invece Valentina Londino, cantante luganese che abbiamo avuto il piacere d’intervistare.
Cara Valentina, dove e quando è nata la tua passione per la musica e il canto?
Il mio rapporto con la musica nasce da piccolissima, quando a pochi anni inizio a prendere lezioni di pianoforte: è quindi attraverso la musica classica che inizio ad esprimermi, prima sulla tastiera e subito dopo attraverso lo studio del canto classico. Il mio percorso accademico mi porta a diplomarmi in canto lirico presso il Conservatorio della Svizzera Italiana, dove ottengo anche il Master in pedagogia vocale.
Osservando il tuo repertorio si resta colpiti dalla tua versatilità: hai progetti legati all’opera classica e alla musica jazz, in lingua italiana e inglese. Qual è stata la tua prima esperienza e su quale progetto ti stai concentrando in quest’ultimo periodo?
La mia vita da giovane liceale era scandita dalle prove: prove delle tante formazioni corali a cui avevo preso parte, prove con la band rock con cui mi esibivo, prove di musica da camera in Conservatorio. Ciò che mi ha sempre caratterizzata è il bisogno di esprimermi cantando tutto ciò che mi piace, di qualsiasi genere: amo sperimentare con la voce ed interpretare la musica che reputo bella, senza fare distinzioni e categorizzazioni di repertorio. In linea con questa mia attitudine all’eclettismo, nel 2025 ho in previsione di lavorare su più fronti: mi aspettano nuovi progetti di musica classica, in particolare di musica contemporanea, ed intendo portare avanti il lavoro con le mie formazioni esistenti, in special modo il duo acustico Looppoli (con Mad Mantello alla chitarra) ed i Panighiröl, con cui sto approfondendo il repertorio folk ticinese.
Gli Archivi RSI e della SSR ci forniscono un vasto repertorio delle passate esibizioni di artisti svizzeri all’Eurovision Song Contest. Qual è il tuo primo ricordo in merito? C’è un’edizione che più di altre ricordi con piacere?
Ho sempre seguito con particolare interesse il panorama musicale italiano e, come ben si sa, per diversi anni l’Italia non ha partecipato all’Eurovision Song Contest quindi devo ammettere che i miei ricordi legati al concorso sono soprattutto quelli delle edizioni in cui a partecipare sono stati degli artisti ticinesi. Ricordo la gioia di vedere i Sinplus esibirsi sul palco di Baku nel 2012 e l’emozione dell’esibizione di Sebalter con i suoi musicisti – diversi dei quali miei colleghi ed amici – a Copenhagen nel 2014.
L’evento del 30 di gennaio, che darà il via alla serie di eventi itineranti in tutte le regioni linguistiche, ha come temi centrali la coesione nazionale e la musica quale collante fra le regioni: quanto riconosci questi valori nell’Eurovision Song Contest?
La varietà linguistica e culturale che caratterizza il nostro Paese rende la Svizzera una nazione che racchiude meglio di qualunque altra l’eterogeneità dell’Europa. Quando si segue l’Eurovision Song Contest non si può non restare colpiti dal potere di questo evento: la musica diventa il collante che abbatte ogni barriera linguistica o culturale e l’Europa, nella sua vasta eterogeneità, sembra meno grande. La musica, con il suo potere di farsi linguaggio universale, è inevitabilmente la panacea che unisce: l’emozione di una bella canzone fa vibrare il cuore all’unisono, indipendentemente dalla lingua che si parla e dalla regione da cui si proviene.
Qual è il tuo rapporto con l’offerta musicale del servizio pubblico RSI e quali trasmissioni o eventi segui con interesse? Quanto reputi importante la promozione della musica svizzera e di giovani musicisti da parte del servizio pubblico?
Sono una grande fruitrice della radio più che della TV. Mi piace molto ascoltarla mentre sono al volante (dove passo parecchio tempo al giorno) ed amo la varietà dell’offerta che le nostre tre reti RSI di lingua italiana regalano. In particolare seguo con piacere i programmi della Rete Due, che sono in grado di stuzzicare la mia curiosità e di concedermi momenti di riflessione ed approfondimento, aspetto non scontato in una routine dal ritmo serrato come la mia. Quando posso, facilitata dal fatto di vivere a Lugano, mi piace approfittare degli eventi dal vivo offerti dalla RSI in Auditorio Stelio Molo o presso lo Studio Due. La ricchezza delle proposte musicali che le nostre radio concedono, poi, mi permette di scoprire nuovi interpreti internazionali ma anche e soprattutto locali, cosa che apprezzo molto e che credo non sia da sottovalutare se si pensa a quanto sia difficile per gli artisti emergenti trovare luoghi in cui esibirsi e farsi conoscere sul nostro territorio.
Oltre alla carriera di cantante con diversi progetti, ti occupi anche di insegnamento di canto. Come giudichi la scena musicale svizzero italiana oggi? Vedi all’orizzonte dei profili che potrebbero replicare il successo ottenuto da Nemo l’anno scorso?
Trovo che negli ultimi anni sul nostro territorio sia aumentata l’offerta formativa musicale per i giovani: ci sono molte scuole di musica disseminate per il cantone e diverse offrono percorsi validi in grado di aiutare i giovani musicisti ad esprimersi e trovare una loro identità musicale. Ne consegue un quadro in cui si accende quella sana competitività che in una regione relativamente piccola come la nostra è indispensabile perché chi ha talento non si impigrisca ma faccia del suo meglio per emergere. Dall’altra parte, però, mancano concretamente i palchi su cui fare le esperienze dal vivo. Ecco perché credo che un nuovo Nemo possa apparire da un momento all’altro ma non su un palco, quanto piuttosto in un video virale pubblicato su qualche social: è lì che le nuove generazioni riescono ad accendere i riflettori su di sé ed avere uno spazio utile per farsi ascoltare e scoprire.