Presentare i fatti in modo imparziale, verificare le fonti, rendere conto della complessità del mondo sono compiti fondamentali dei media e del servizio pubblico radio-televisivo. È ancora possibile con l’avvento dell’intelligenza artificiale, che sta trasformando radicalmente anche il giornalismo? L’intelligenza artificiale è una minaccia per i media e il servizio pubblico radiotelevisivo? A questo interrogativo hanno risposto Paolo Attivissimo (giornalista informatico), Pierfranco Longo (presidente Conferenza Cantonale dei Genitori, membro Consiglio regionale SSR.CORSI), Alessandro Trivilini (docente e ricercatore SUPSI) e Reto Ceschi (Responsabile del dipartimento informazione della RSI) in un dibattito, organizzato da SSR.CORSI il 26 marzo a Bellinzona, che li ha visti schierati su fronti opposti. I primi hanno sostenuto la tesi che i rischi sono prevalenti, mentre i secondi hanno difeso la tesi opposta, ovvero che le opportunità sono predominanti.
Tagli al personale e maree di falsità
Attivissimo ha presentato numerose preoccupazioni fra le quali spiccano “l’innamoramento febbrile e la cotta tecnologica delle aziende e delle testate giornalistiche per l’IA, vista come strumento per ridurre i costi, come modo per tagliare il personale e non come strumento per offrire un servizio migliore agli utenti”. Ha poi rilevato di essere atterrito dal fenomeno tecnologico che permette di produrre milioni di informazioni e immagini false con pochissima fatica. Longo si è chiesto come faremo quando saremo invasi da notizie e foto manipolate. Un fondato e pertinente interrogativo, soprattutto alla luce del calo di giornalisti in Svizzera, praticamente dimezzato negli ultimi quindici anni, che comporta la perdita di professionalità e di analisi della realtà.
Conoscenza e intelligenza umana
A queste argomentazioni Trivilini ha opposto la necessità di maggior fiducia nell’IA, che va “conosciuta prima di essere giudicata”. Ha proseguito chiedendosi “come fa a generare un testo, un’immagine, dei contenuti multimediali? Ha imparato dall’essere umano, dai nostri dati. E quindi non è un nemico, ma una straordinaria opportunità da sfruttare e non sostituirà l’uomo nei lavori che richiedono creatività, empatia, emozioni, perché l’IA non le possiede”.
Per Ceschi le innovazioni tecnologiche non sono da temere per principio, “alla condizione di continuare a scommettere sulla nostra intelligenza, che va allenata e messa alla prova giorno dopo giorno”. Per questo, ha proseguito, è necessario avere le antenne sempre alzate e lavorare con spirito critico alla conoscenza approfondita dei dossier. Ha poi ricordato che la RSI ha una carta, costantemente aggiornata, una sorta di faro etico per l’utilizzo dell’IA.
Una cattedrale nel deserto e nuovi investimenti
Immediata la replica di Attivissimo che ha riconosciuto il nobilissimo tentativo di continuare a fare giornalismo serio, ma il problema è che si rischia di costruire una cattedrale nel deserto perché, mentre RSI segue determinate carte etiche, Tik Tok, i social network e gli influencer, che fanno anche informazione, sono nelle mani dell’IA. Quindi sempre più voci soffocheranno completamente il giornalismo di qualità, perché le nuove tecnologie possono generare infinite varianti di un articolo falso.
Meno pessimista la visione di Trivilini che crede nella possibilità di “ridurre la capacità di ingannare le persone, alla condizione di investire nel giornalismo”. Proprio l’opposto di quanto sta accadendo e che Ceschi ritiene strategicamente sbagliato, perché i media devono avere più mezzi e spazi per combattere la propaganda con la comunicazione verificata dall’essere umano.
Basteranno le leggi?
Dal pubblico sono giunte osservazioni e domande, in particolare ne segnaliamo una fondamentale, posta da Colin Porlezza, professore di giornalismo digitale all’USI, dalla quale si potrebbe ripartire per un nuovo stimolante dibattito: "Come possiamo garantire che i sistemi basati sull’intelligenza artificiale siano effettivamente usati in modo responsabile? Basteranno le leggi e le carte come quelle di Parigi o ci vorrà altro, come ad esempio l’educazione e la formazione sia all’interno delle redazioni che magari del pubblico stesso?"
Grande successo e positivi riscontri
L’evento è stato un successo per la presenza di 130 persone e per la qualità del dibattito, che si è svolto con il protocollo che La gioventù dibatte propone da oltre dieci anni alle scuole della Svizzera italiana. Anche i positivi riscontri dei presenti, emersi dal sondaggio SSR.CORSI, confermano l’azzeccata scelta di un tema di grande attualità e di un nuovo format per il confronto su temi controversi. Con opportuni correttivi - soprattutto nella fase centrale del dibattito libero, dove non c’è stato l’auspicato botta e risposta - la formula è consigliata per future serate di SSR.CORSI con temi non necessariamente legati al servizio pubblico radio-televisivo. Fra quelli suggeriti nel sondaggio ci piace segnalare: “Giovani, lavoro e prospettive future in Ticino”; “Giovani e media”; “Responsabilità e doveri del politico”.
Per concludere, chi fosse interessato può vedere qui l’intero dibattito
Chino Sonzogni, responsabile La gioventù dibatte per la Svizzera italiana