Con il contributo del ticinese Gabriele Chierici, studente di Lettere all'Università di Friburgo, si apre la nuova rubrica della CORSI che mira a dare voce ai giovani. Una volta al mese sarà pubblicata l’opinione di uno di loro in merito a tematiche legate al servizio pubblico: come si informano? Cosa si aspettano dai media radiotelevisivi di servizio pubblico e quindi dalla RSI? E cosa suggeriscono di cambiare?
Rubrica a cura di Daniela Beretta
Fin dall’avvento dei telegiornali e, in senso più ampio, della televisione, il video come mezzo d’informazione è sempre stato parte dell’esperienza quotidiana collettiva. Le applicazioni di questo mezzo di comunicazione, poi, sono certo state potenziate dall’arrivo di internet. Il web ha permesso la differenziazione, la personalizzazione e la specializzazione dell'informazione in base alle richieste del pubblico, che ora è in grado di fruire di contenuti audiovisivi indipendentemente da variabili geografiche o temporali, e che, soprattutto, è in grado di selezionare da sé gli oggetti di proprio gusto. Così Netflix si afferma come alternativa alla televisione e YouTube, mentre genera nuove opportunità d’apprendimento e d’intrattenimento, innova anche ciò che già c’era.
YouTube in particolare, nell’ultimo decennio, ha saputo mantenere con solidità il suo ruolo di medium comunicativo, non tra amici e familiari, bensì tra un pubblico deciso a soddisfare il proprio interesse e un ventaglio d’attori disposti a condividere la loro conoscenza nell’ambito di nicchie più o meno popolari.
Una conoscenza certo contingente, quando si tratti d’attualità e si voglia interagire con spettatori, forse, sempre meno disposti ad accettare la selezione contenutistica delle emittenti televisive. È il caso di Breaking Italy, popolare rubrica che si occupa di discutere, con cadenza tendenzialmente giornaliera, dei fatti salienti avvenuti nel mondo. La possibilità di interagire, tramite l'offerta, con gli spettatori, il linguaggio accessibile e a tratti umoristico e certo la fidelizzazione che solo il contatto prolungato con una personalità apprezzata può generare contribuiscono al successo di impostazioni analoghe, forse irrealizzabili prima del ventunesimo secolo. Così avviene anche sul canale di Nova Lectio, dove storia e geopolitica si intrecciano e sfiorano, di volta in volta, temi poco battuti e finanche controversi, per fare luce su dinamiche spesso tenute in ombra. E ancora è comune imbattersi in uno dei video di Kurzgesagt, che affrontano con semplicità e allo stesso tempo rigore scientifico innumerevoli temi d’interesse.
Sarebbe però scorretto arrestare il discorso nel merito della cronaca: su YouTube infatti, in particolare di recente, si ha potuto assistere alla crescita di canali che trasportano il pubblico dalla contingenza all’universalità, o che immediatamente, tramite il monologo, aspirano ad accendere riflessioni, a diffondere cultura e a educare, insegnando così il mestiere di vivere. La ricerca d’informazioni diventa una ricerca di senso e di sistemi di decodifica dell’esistenza.
Ne sono prova i canali del filosofo Rick DuFer e del monologhista Roberto Mercadini, che, con spiccate capacità oratorie, sono stati in grado di attirare centinaia di migliaia di ascoltatori, tra cui numerosissimi giovani, avvicinandoli all’arte della cogitazione.
Ecco che, dunque, YouTube si afferma tutt’oggi come piattaforma audiovisiva in grado di soddisfare le esigenze conoscitive e culturali di un pubblico ampio e sfaccettato –sia in ambito cronachistico, che sul piano più astrattamente culturale.
La componente visiva arricchisce inoltre la fruizione, creando l’illusione di un dialogo, quasi d’un incontro tra allievo – lo spettatore – e precettore – lo YouTuber. Se, dunque, il testo stampato è un’inaggirabile barriera tra comunicatore e ricevente, il video pare essere in grado di assottigliarsi e di ambire all’invisibilità: da questa potenzialità, quando questa venga sfruttata appropriatamente, non può risultare altro che il godimento di chi, improvvisamente, si trova catapultato dalla sua stanza a una sala di teatro.
La stessa potenzialità parrebbe offrirla la televisione, che però –lo vediamo empiricamente –è sempre meno popolare tra le nuove generazioni: cos’abbia di sbagliato, o cosa non abbia, è compito di coloro che ne hanno competenza stabilire.
Un dato è però già deducibile per ovvietà: se la selezione dei contenuti, nell’offerta televisiva di base, è compito dell’emittente, su YouTube – come anche su Netflix –è invece il fruitore a selezionare i contenuti che preferisce vedere. E, se Netflix restringe comunque il ventaglio d’opzioni a ciò che sceglie di acquistare o di produrre, YouTube è invece una piattaforma potenzialmente priva di limiti: chiunque può rivendicare un palcoscenico virtuale da cui far sentire la propria voce e lo spettatore ha a disposizione più contenuti di quanti non ne possa consumare in una vita intera.
Sicché potremmo ipotizzare che il fattore limitante dell’offerta televisiva è la libertà dell’offerta al fruitore, che YouTube dona in enorme misura e, soprattutto, gratuitamente.