Il quarto intervento della rubrica CORSI che mira a dare voce ai giovani è quello di Carolina Reichlin, 26 anni, insegnante di italiano per il mediosuperiore, di Origlio.
Rubrica a cura di Daniela Beretta
Il prossimo anno la radio della Svizzera italiana soffierà la sua novantesima candelina. Per l’occasione di festa, presenzieranno in gran numero gli ascoltatori affezionati a questa amica di lunga data, protagonista ed intrattenitrice della loro quotidianità, ospite desiderata di gradevole compagnia. È nell’incontro che risiede la magia della radio; che sia questo inaspettato o organizzato, poco importa, poiché la radio è sentimento di collettività. Lo dimostra il fatto che sia sopravvissuta, nel corso del Novecento, all’avvento della televisione. Non scomparve neppure dopo la temibile venuta della rete telematica, la quale promosse un’informazione maggiormente fluida ed estemporanea, spesso consumata dal ritmo incalzante della nostra quotidianità. In questa frenesia, la radio rimane un volontario appuntamento, un incontro privilegiato.
Ho conosciuto tardi la radio e l’ho incontrata lontano dal Ticino (nello specifico in un appartamento universitario poco distante dalla Facoltà di Lettere dell’Università di Friburgo). Necessitai di una sveglia e decisi di acquistare una radio DAB: da quel momento il ritmo radiofonico non avviò solamente le mie giornate, ma scandì la mia quotidianità. Senza accorgermene, i suoni e le voci mi regalavano un senso di appartenenza e di famigliarità; sentivo quel sentimento di casa anche nel mio monolocale da studentessa ticinese d’Oltralpe. Iniziarono, assidui, gli appuntamenti quotidiani con le frequenze ticinesi. Mi rallegrava ritrovare – ogni giorno e sempre alla medesima ora – le stesse persone e i loro programmi. Il palinsesto mi accompagnava tanto nello studio quanto nei momenti di svago. Un momento prezioso veniva riservato alla pausa di mezzogiorno. Raggiungevo il mio monolocale di corsa, appena il tempo di sfilare dai piedi le scarpe e la radio era già accesa. Mentre cucinavo, in quella breve pausa che mi separava dai corsi pomeridiani, oltre ad ascoltare il radiogiornale, attraversavo un ponte verso il Ticino. Solamente in un secondo momento mi resi conto come la presenza di una radio in cucina sia un carattere peculiare della mia famiglia, abituata all’accompagnamento radiofonico fin dal primo caffè della mattina. Un giorno dissi a un caro amico incontrato tra i banchi dell’università: “Per me la radio è sentimento materno”. Pronunciando questa frase l’immagine nella mia mentre – estremamente nitida – era quella di mia madre intenta a preparare, in un misto di cura e frenesia, una ricetta dalla lunga lavorazione, tipica del pranzo domenicale che raduna un gran numero di persone attorno alla tavola.
Il mio sincero affetto per la radio si confermò anche nel momento in cui mi trasferii dal Canton Friburgo al Canton Vallese. Infatti, maturai un vivo interesse per le radio locali, piccole realtà che danno voce alle tipicità regionali e aiutano chi, come me, vuole intrecciarsi in un nuovo tessuto sociale (è innegabile, però, che il mio voto di preferenza vada alle frequenze ticinesi). Oggi ho un legame particolare con la radio; provo una confortevole sensazione di familiarità e appartenenza, simile a quella che ti avvolge quando entri nel bar di paese e non hai bisogno di presentazioni, perché nessun volto ti è nuovo. Spesso accendo la radio solo per il piacere dell’ascolto e l’intrattenimento (soprattutto nell’imbottigliamento viario ticinese). Le mie giornate si aprono soventemente con le frequenze di Albachiara, nel primo pomeriggio è il turno di Tutorial, il programma che risolve qualsiasi tipo di problema, offrendo spunti di riflessione interessanti. Quando mi capita di rientrare in auto durante le ultime ore del giorno - episodio più unico che raro visto le norme sanitarie (ma soprattutto, gli umori effervescenti adolescenziali ormai estinti) – apprezzo la compagnia de La 23ma ora, programma che propone una rassegna di musica finemente selezionata, in cui un animatore condivide i propri gusti musicali con gli ascoltatori. Alcuni appuntamenti, invece, sono segnati in agenda. Ricca di postille è la domenica, aperta dall’imperdibile We are the champions, un viaggio nella storia della musica. La giornata si conclude con Radar, il programma che passa in rassegna le novità del palcoscenico musicale. Apprezzo inoltre L’ora della terra, programma all’interno del quale si intrecciano le opinioni di esperti in materia di flora e fauna del territorio ticinese con agli interventi appassionati degli ascoltatori. Animali da compagnia, reddito e selvaggi: una visione a tutto tondo per gli amanti nella natura e delle creature che la popolano. Essendo una cinofila e ippofila, non posso mancare il programma di Lara Montagna del sabato mattina, intitolato La casa degli animali; l’amore e la passione per gli amici a quattro zampe sono coinvolgenti, l’impegno e la professionalità della moderatrice rimarchevoli, come conferma l’impaziente volontà di prender parola da parte del pubblico. Per immergersi nell’Attualità culturale e ampliare i propri orizzonti, consiglio i brevi ma preziosi interventi offerti da Rete Due alla fine della pausa pranzo. Sebbene i programmi citati si distinguano nei temi, si caratterizzano da un’acuta sensibilità dei moderatori, empatici nei confronti dei propri ascoltatori e capaci di avviare il discorso spinti da professionalissimo e curiosità. Le voci non sono mai invadenti, arroganti o pedanti. Al contrario, si pongono ai propri microfoni con modi cordiali e curiosità.
Mi reputo una buona radioascoltatrice, attenta e curiosa, ma non sempre questa morigeratezza mi accontenta. Recentemente ho ampliato le modalità d’uso di questo prezioso mezzo di comunicazione. Qualche volta ho raggiunto con la mia voce altri radioascoltatori partecipando, con un semplice messaggio, a uno dei tanti programmi proposti dai moderatori radiofonici (vincendo, addirittura, qualche fortunata entrata per una serata musicale). La radio, dunque, non regala solamente il suono delle onde, ma ti permette di cavalcarle, un po’ a modo di surfista. Fuor da metafora, la radio permette di ampliare i propri orizzonti, uscire dalle proprie mura per incontrare l’altro. Il mondo che si racchiude in quella piccola scatola è vasto e sconfinato. Non potrei concludere con parole migliori se non quelle utilizzate da Finardi: amo la radio perché arriva dalla gente, entra nelle case, ci parla direttamente (…) perché libera la mente.