Di che tipo di informazioni si nutrono le cittadine e i cittadini oggi? E il servizio pubblico, confrontato con le potenti logiche della pubblicità e del mercato, fa abbastanza per garantire un’informazione di qualità che sia capace di raggiungere tutti? Lo abbiamo chiesto a Catia Porri, collaboratrice radiofonica per Radio LoRa, emittente di lingua italiana a Zurigo.
Catia Porri, secondo lei si può dire che complessivamente negli ultimi anni la qualità della dieta informativa delle cittadine e dei cittadini - ovvero il modo in cui si informano - è calata?
Assolutamente sì, e per vari motivi. In primo luogo, alla perdita di autorevolezza dei media tradizionali (a pagamento): la gente preferisce siti online e post trovati sui social media, ai quali si accede gratuitamente ma la cui qualità è spesso discutibile. Basti ricordare, tra gli altri, il noto fenomeno delle “bolle” (echo chambers) su Facebook, che non permettono all’utenza di visualizzare altri contenuti se non quelli coerenti con le proprie convinzioni e ideologie. In secondo luogo, al moltiplicarsi delle testate giornalistiche e siti online, dei canali radio e televisione, non corrisponde una varietà di fonti. Detto diversamente: i canali di informazione accedono per lo più alle stesse fonti di informazione e per tanto quello che giunge all’utenza manca di diversità e approfondimenti diversificati.
Mi scusi, Catia, ma non crede che pagare per accedere a un sito di informazioni sia un riconoscimento del lavoro professionale che sta dietro la notizia data?
Certo, tuttavia a mio parere paghiamo per notizie che sono di scarsa qualità, soggiogate alle logiche pubblicitarie e scritte anche in funzione dell’immagazzinamento dei dati. Direi che c’è un’evidente dipendenza tra la qualità dell’informazione, il potere della pubblicità e la ricerca della quantità a discapito della qualità. Oggi, in Italia - ma penso che la riflessione si possa estendere a (molti) altri Paesi - i giornalisti non sono più liberi di riportare gli eventi, poiché devono rincorrere i fatti di cronaca appetibili al maggior numero di lettori e lettrici. Anche quando leggo le principali testate dei quotidiani della Svizzera tedesca trovo di frequente l’adozione di una prospettiva “di parte”. Un conto è riportare l’opinione di qualcuno, ben altro è presentare interpretazioni e opinioni come fatti. Tutto ciò solleva, per me, la questione di fondo, e cioè se sia eticamente corretto far pagare per avere accesso alle notizie la cui qualità è discutibile.
A fronte dei problemi da lei sollevati (la verifica delle informazioni, la pluralità delle fonti, la presentazione di fatti e non di opinioni), qual è il ruolo del servizio pubblico radiotelevisivo?
Anzitutto, a mio avviso, il servizio pubblico dovrebbe svolgere una funzione di garante affinché le notizie diffuse siano sempre verificate e non tendenziose. Inoltre, il servizio pubblico dovrebbe, per definizione, giungere a tutta la popolazione, informare, includendo anche notizie meno popolari e che, quindi, non sono riportate da reti private, le quali perseguono invece i click e i like. Infine, io credo che, se il servizio pubblico vuole svolgere anche una funzione educativa per una cittadinanza più consapevole e a sostegno della democrazia, sia imperativo presentare al pubblico notizie che siano comprensibili: ciò significa non banalizzare concetti e tematiche, ma anche evitare l’uso di un linguaggio esclusivo, oscuro, incomprensibile e lontano dalla gente.
Di Valeria Camia