Paolo Attivissimo, Pierfranco Longo, Reto Ceschi, Alessandro Trivilini: quattro personalità di spicco del mondo dei media e della tecnologia, dibatteranno pubblicamente sull'uso dell'intelligenza artificiale nel giornalismo. E lo faranno senza un moderatore. Una formula particolare caratterizza l'evento SSR.CORSI in programma il 26 marzo a Bellinzona. Chino Sonzogni, responsabile dell'associazione La Gioventù dibatte (partner della serata) ci spiega come funziona e perché è importante imparare a sostenere una posizione, anche quando non è la propria.
Dove e quando è nato il dibattito regolamentato senza moderatore?
“Il dibattito regolamentato, una metodologia didattica di lunghissima tradizione, risale alla Grecia antica, nel Medioevo è introdotta nelle università e dal XVIII secolo ha un’ampia diffusione nell’educazione e nella società civile, soprattutto nella cultura anglosassone, e oggi è presente in numerosi sistemi scolastici del mondo”.
Qual è il suo scopo?
“Il dibattito regolamentato analizza un tema controverso - formulato con una domanda chiusa - da punti di vista contrapposti, per spiegare le rispettive ragioni, convincere gli antagonisti della validità della propria posizione, sulla base di argomentazioni razionali, fondate su fatti oggettivi. I sostenitori delle posizioni “pro” e “contro” si affrontano direttamente senza la presenza di un conduttore/moderatore. Nel loro argomentare possono porre domande, anche scomode, alla controparte per sviscerare meglio la problematica al centro del dibattito, mettere in evidenza contraddizioni e debolezze del fronte opposto e rafforzare la propria posizione”.
Come funziona concretamente?
“Esistono numerosi protocolli di dibattito regolamentato. Il World Schools Debate è il più conosciuto e si lega alla storia del campionato mondiale di dibattito in lingua inglese per le scuole medie superiori, iniziato nel 1988 in Australia. Questi i protocolli più noti: British Parliamentary, utilizzato per manifestazioni internazionali, National Parliamentary, Open Parliamentary, Paris-style, Oxford-style, Policy Debate, Lincoln-Douglas, Public Forum, Karl Popper, Patavina Libertas.
Si differenziano fra loro soprattutto per numero di partecipanti, durata e struttura del dibattito, tempi di parola degli oratori. Nel caso specifico di martedì 26 marzo, per il tema «L’intelligenza artificiale è una minaccia per i media e per il servizio pubblico radiotelevisivo?», La gioventù dibatte propone un confronto in tre fasi. Nell’apertura gli oratori si alternano e ciascuno ha tre minuti per esporre le proprie ragioni. Nel dibattito libero, durata complessiva venti minuti, non c’è ordine d’intervento prestabilito e tempo di parola individuale prefissato. Nella chiusura, a voci alternate, ogni oratore ha due minuti a disposizione”.
Di solito l’associazione La gioventù dibatte (lo dice anche il nome) organizza dibattiti nelle scuole, come mai questa volta si è pensato di organizzare un dibattito tra adulti esperti?
“Il protocollo è pensato per i giovani, affinché imparino a documentarsi e approfondire i temi decentrandosi; rispettino persone e opinioni diverse, praticando l’ascolto attivo e l’argomentazione razionale. Un percorso educativo che serve al cittadino e pensiamo possa essere utilizzato anche in confronti pubblici fra adulti, come pure alla televisione. Ai giornalisti, non più conduttori/moderatori, potrebbero essere affidati, ad esempio, compiti di fact-checking, sempre più necessari in un’epoca di dilaganti fake news”.
È la prima volta che organizzate un dibattito fra adulti?
“No. Abbiamo già organizzato un dibattito il 12 ottobre 2023 all’auditorium di Banca Stato a Bellinzona fra quattro politici sul tema «Per un diritto di cittadinanza moderno (Iniziativa per la democrazia)»: Marco Noi (Verdi) e Laura Riget (PS) favorevoli, Roberta Soldati (UDC) e Michele Guerra (Lega) contrari all’iniziativa popolare federale. Rispetto al protocollo ufficiale utilizzato nelle scuole e nei concorsi cantonali, non abbiamo effettuato nessun sorteggio delle posizioni e abbiamo prolungato i tempi di parola. A conferma che il format è flessibile e si adatta a contesti diversi. Il video del dibattito è disponibile sul nostro sito www.gioventudibatte.ch
Come funziona la suddivisione tra favorevoli e contrari in questo caso? Gli esperti sosterranno tesi che riflettono la loro posizione personale sul tema oppure assumeranno una posizione solo in funzione del dibattito?
“Le posizioni “pro” e “contro” sono state concordate con i partecipanti. Tutti e quattro gli oratori vedono nell’intelligenza artificiale degli aspetti positivi e negativi. Chi propende per i rischi e le minacce (Attivissimo e Longo) ha scelto di sostenere la posizione “pro”, chi invece vede piuttosto delle opportunità (Ceschi e Trivilini) ha optato per la posizione “contro”. In sostanza i quattro oratori hanno accettato il gioco di ruolo che proponiamo ai giovani ma con tempi di parola concordati più ampi per consentire di esaminare gli aspetti più controversi della tematica”.
In un’opinione apparsa sul Corriere del Ticino il 7 marzo 2024, la filosofa Francesca Rigotti si dice scettica nei confronti dell’esercizio di dibattito proposto nei concorsi cantonali per le scuole e scrive: “certo è importante mettersi al posto degli altri e comprenderne le ragioni; ma incoraggiare questo tipo di dibattito nel quale le difendo con tutti gli espedienti retorici di cui sono capace è veramente educativo? È educazione alla democrazia?” Come commenti la sua opinione?
“Non la condivido. Per diverse ragioni, anche pedagogico-didattiche, che richiederebbero più spazio per una risposta circostanziata. Mi limito a evidenziare che nella nostra democrazia, basata sul consenso, non è così raro, anche ad altissimi livelli politici, che si debbano difendere posizioni che non si condividono.
Pensiamo ai Consiglieri federali talvolta chiamati, nelle dichiarazioni radio-televisive, prima delle votazioni, a sostenere posizioni diverse dalle loro e da quelle dei loro partiti di riferimento. Ad esempio, la «Legge sul clima e l’innovazione», approvata dal popolo il 18 giugno 2023, è stata sostenuta pubblicamente dal direttore del DATEC Albert Rösti, contro la sua stessa opinione e quella dell’UDC, suo partito d’appartenenza. E non è un caso isolato. È toccato a esponenti di altri partiti, per la collegialità dell’esecutivo, sostenere oggetti in votazione, in cui non credevano, proposti dal fronte politico opposto al proprio”.