Dibattiti e confusione
Ho seguito con interesse il dibattito andato in onda a «Democrazia diretta» il 22 maggio 2023, in vista delle votazioni federali del 18 giugno. Il confronto sulla «Legge federale sugli obiettivi in materia di clima, l'innovazione e il rafforzamento della protezione energetica» aveva sei ospiti in studio. Favorevoli: Rocco Cattaneo, Consigliere nazionale PLR, Bruno Storni, Consigliere nazionale PS, Maurizio Agustoni, Gran Consigliere Il Centro. Contrari: Marco Chiesa, Consigliere agli Stati UDC, Lorenzo Quadri, Consigliere nazionale, Lega dei ticinesi, Tiziano Winiger, direttore Associazione Proprietari Fondiari Ticino.
La conduzione del dibattito era affidata a Reto Ceschi e Davide Paggi.
Nelle ore e nei giorni successivi mi hanno colpito le critiche sui social ai due conduttori, chiamati a gestire il dibattito, accusati di non aver svolto bene il compito di moderatori. Mi sono rivisto il dibattito per verificarne l’operato. La trasmissione è durata 77 minuti, di cui tre dedicati a due schede informative: la presentazione della legge in votazione e un’intervista al Consigliere federale Albert Rösti. I favorevoli sono intervenuti (anche per brevi annotazioni) 32 volte, per un totale di 36 minuti: Storni 17’, Agustoni 11’, Cattaneo 8’. I contrari hanno parlato 34 volte, per complessivi 29 minuti: Chiesa 16’, Quadri 9’, Winiger 4’.
In questo confronto televisivo colpiscono:
- l’estrema frammentazione del dibattito (66 interventi),
- le frequenti interruzioni, da parte dei politici (non dei giornalisti), di chi aveva la parola,
- le numerose sovrapposizioni di voci (ben 30).
Tutto questo ha sicuramente impedito ai partecipanti di esprimere compiutamente il loro pensiero e ai telespettatori di capire le loro ragioni.
La responsabilità dei politici
Siamo certi che la responsabilità della confusione sia dei giornalisti?
Premesso che tutti sono bravi a moderare i dibattiti dal divano di casa - ben più difficile svolgere questo compito in diretta televisiva - va dato atto a Ceschi di aver cercato di calmare gli animi accesi e di mettere ordine nel dibattito: “Non si capisce nulla… Uno alla volta… Prima lui e poi lei, solo per capirci…”. Purtroppo, riuscendoci solo parzialmente.
I politici presenti in studio hanno un dovere etico di informazione chiara del cittadino telespettatore. Devono innanzitutto rispettare il turno di parola degli antagonisti, ascoltare in silenzio, senza smorfie e gesti (malvezzo che persisterà fin che sapranno di essere ripresi dalle telecamere) ed esprimersi in un “buon italiano” (si è sentita persino qualche battuta in dialetto). Non basta avere delle buone idee, si deve presentarle con chiarezza se si vuol convincere.
L’interruzione di chi ha la parola e la sovrapposizione della propria voce, talvolta, mirano a creare confusione per mascherare la debolezza delle proprie argomentazioni. E la confusione spinge il telespettatore a cambiare canale. È questo l’obiettivo? Non dovrebbe esserlo soprattutto per i politici che dichiarano di voler “parlare al paese” e convincere i cittadini della bontà delle proprie proposte. Ai politici, più che ai giornalisti, spetta la responsabilità di assicurare un dibattito di qualità al pubblico.
Dibattiti senza moderatore?
È possibile? Vi invito a guardare il dibattito a questo link. È la finale del concorso cantonale delle scuole medie superiori, organizzato da La gioventù dibatte. Nessuna interruzione, nessuna sovrapposizione di voce, rispetto del diritto di parola fra i quattro partecipanti. Una lezione dei giovani agli adulti.
I toni sono pacati, il tempo di parola equamente suddiviso, mentre nel dibattito del 22 maggio i favorevoli hanno avuto sette minuti in più. E tutto questo malgrado l’assenza di un moderatore. Perché un dibattito così diverso?
In gran parte è merito del comportamento corretto dei giovani partecipanti, ma pure della metodologia utilizzata da La gioventù dibatte, intenzionata a proporre ai partiti politici dei “dibattiti regolamentati” in vista delle elezioni federali del 22 ottobre.
Perché non provare, periodicamente, questo tipo di confronto anche alla RSI, alternandolo a quello classico con i conduttori che pongono domande, stimolano il dibattito e lo moderano (cercano di moderarlo) quando va sopra le righe?
Forse si avrebbe anche con gli adulti un buon dibattito, che si può definire tale quando informa in modo chiaro il pubblico, quando ogni ospite argomenta in modo documentato la propria posizione, senza interruzioni e sovrapposizioni di voci, quando aiuta il cittadino a farsi un’opinione, quando partecipazione, conoscenze e competenze nel dibattito sono equilibrate.
Chino Sonzogni, Responsabile del progetto «La gioventù dibatte» per la Svizzera italiana