Lotta alle notizie false o libertà di espressione negata? Fact checking o censura faziosa? L’interruzione, in diretta, da parte delle principali emittenti televisive americane della conferenza stampa del presidente Donald Trump – che a spoglio ancora in corso denunciava brogli elettorali – ha scatenato un dibattito sul ruolo dei media, facendo tornare d’attualità il tema delle fake news. Ne abbiamo parlato con Roberto Porta, presidente dell’Associazione ticinese dei giornalisti.
Per la prima volta le principali emittenti televisive americane hanno interrotto il discorso di un presidente, perché le sue affermazioni sono state giudicate palesemente false. I giornalisti hanno fatto il loro lavoro oppure avrebbero dovuto trasmettere tutto e lasciar decidere ai cittadini sulla veridicità di quanto affermato da Trump?
“I giornalisti americani sono stati molto coraggiosi, hanno fatto bene a interrompere la trasmissione, perché Trump stava mettendo in discussione l’esito della votazione senza prove. Aveva addirittura anticipato l’accusa di frode elettorale già il giorno precedente, chiedendo di interrompere il conteggio delle schede. È un atto gravissimo da parte di un presidente, che mina gli equilibri democratici di un paese. La scelta delle emittenti televisive rappresenta quindi una pagina eccezionale di storia del giornalismo, ma è stata possibile perché c’era la certezza praticamente assoluta che Trump stava dicendo il falso, vedremo ora come andranno i suoi ricorsi. Da quattro anni diffonde “fatti alternativi”, che sono mezze verità o vere e proprie bugie. A partire dal giorno in cui è entrato in carica, quando il suo staff aveva parlato di migliaia di sostenitori radunati fuori dalla Casa Bianca, nonostante le immagini girate con i droni mostrassero poche persone.”
La censura in diretta di Trump è un caso limite clamoroso, ma potrebbe succedere qualcosa di simile anche in Svizzera?
“Va detto che da noi non si è mai arrivati a questi livelli di falsità. Comunque, in qualsiasi dibattito si vedono giornalisti che correggono affermazioni false o inesatte. Le fake news non sono un’invenzione di Trump, da tempo i politici di tutti i fronti hanno capito che forzare la realtà aumenta la propria visibilità. Il giornalista deve quindi essere attento e ben preparato per correggere le affermazioni palesemente false, in particolare durante le interviste dove (a differenza dei dibattiti che presentano più voci anche in contrasto fra loro) l’intervistatore è l’unico contraltare alle affermazioni dell’intervistato”.
Sempre in occasione delle elezioni americane, anche i social network (in particolare Twitter) hanno oscurato alcuni post di Trump che ribadivano le accuse di brogli. È un limite alla libertà di espressione imposto da aziende private (i social network) oppure un giusto freno ad affermazioni false?
“Le affermazioni di Trump durante le elezioni sono la goccia che ha fatto traboccare il vaso, perché è stato messo in dubbio l’intero impianto democratico del paese, quindi sono giusti gli interventi di censura con cui i social segnalano che il contenuto è controverso. Lo hanno fatto per le elezioni ma in precedenza anche per messaggi di Trump che riguardavano il coronavirus. Ma arginare tutto è impossibile, i social media sono una piazza virtuale dove ognuno può dire la sua. Ci vuole una buona dose di attenzione da parte dei cittadini e dei giornalisti. Il giornalismo serio ha un ruolo importante: dico sempre che per avere un’informazione di qualità ci vorrebbero meno social e più media”.
In un contributo pubblicato recentemente sul sito della CORSI (vedi sotto), Chino Sonzogni, responsabile dell’associazione La gioventù dibatte, ha affermato che “il fact checking dovrebbe essere maggiormente presente anche nei dibattiti politici sulle nostre reti radiofoniche e televisive”. Quanto è possibile (e giustificato) per un moderatore intervenire in diretta per smentire le affermazioni di ospiti ai dibattiti?
“Il moderatore deve sicuramente intervenire. Ma può anche far replicare un altro partecipante al dibattito. Spesso i fatti sono interpretabili e vengono presentati in una luce completamente diversa dai vari schieramenti. Più che di affermazioni vere o false, si parla piuttosto di letture diverse di un argomento, che hanno tutte una loro validità”.
Qual è in questo ambito il ruolo del servizio pubblico?
“A differenza dei media privati, il servizio pubblico deve fornire tutti i punti di vista su un tema, per garantire un’informazione equa e completa. Per esempio, in occasione della recente votazione sulla libera circolazione il dibattito è stato acceso e sono state presentate visioni molto divergenti e qui come servizio pubblico abbiamo il compito di garantire a tutti il giusto spazio. Questo non significa lasciar passare affermazioni palesemente false di ospiti e intervistati: come detto, i giornalisti devono essere ben preparati e se necessario intervenire”.
di Giorgia Reclari Giampà, segretariato CORSI