È un volto noto agli appassionati di sport, che lo ritrovano ogni settimana a La Domenica sportiva, ma non si fa mancare qualche cronaca, perché l’emozione della diretta è impagabile. Come ai Mondiali di ginnastica artistica, che ha seguito recentemente. Il suo sogno? Ospitare Roger Federer o Simone Biles per un “Faccia a faccia”. Intervista a Pietro Filippini.
Come mai hai scelto questa strada, qual è il tuo percorso sportivo e professionale?
“Quello del giornalista sportivo è un mestiere che ho sempre voluto fare, perché unisce le mie due passioni, quella per lo sport (ho praticato calcio e hockey) e quella per la scrittura. Ho iniziato da studente a collaborare per il Giornale del Popolo, seguivo le partite di calcio e hockey in Romandia. Quando sono rientrato in Ticino sono stato assunto a tempo pieno al giornale (mentre proseguivo gli studi all’USI), intanto collaboravo anche con Teleclub, per le dirette di hockey. Poi c’è stata la possibilità di fare un concorso in RSI e ho provato. Non avevo grandi aspettative, ma è andata bene e quindi mi sono spostato dal giornale alla TV”.
Che ruolo hai adesso alla RSI e quali sport segui?
“Sono arrivato alla RSI nel 2016 come redattore TV e sono praticamente rimasto sempre in quel settore. Non c’era ancora la formazione multimediale che c’è ora (adesso i nuovi giornalisti si formano su più canali). Da settembre dell’anno scorso conduco La Domenica sportiva, che è la trasmissione più strutturata per il nostro settore. Questo lavoro mi occupa praticamente tutta la settimana, tra scelta dei servizi da sviluppare, ospiti da invitare, interviste da preparare, contenuti vari. Ma riesco ancora a fare qualche cronaca, presento i Mondiali di sci e i Mondiali di hockey (in studio), poi ci sono i grandi eventi, a volte da Comano e a volte sul posto. Da un anno circa mi occupo anche delle cronache della ginnastica artistica, dopo che la collega Valentina Bonfanti-Formenti è passata al Quotidiano”.
Come è stato il cambiamento dal lavoro di redattore a quello di conduttore?
“Non è stato un cambiamento netto, perché ho iniziato abbastanza presto a presentare delle trasmissioni (Sportsera e la Domenica sportiva quando era più breve) e nel frattempo facevo anche il redattore. Nell’ultimo anno però il mio lavoro è cambiato abbastanza: faccio servizi e seguo eventi più raramente rispetto a prima. Ho voluto mantenere comunque un po’ di cronache, per vivere da vicino gli eventi. È una grande fortuna che abbiamo alla RSI, ma soprattutto nel nostro settore, di poter fare un lavoro molto diversificato fra cronache, servizi e presentazione in studio. Anzi, io sono uno dei pochi che è quasi esclusivamente impegnato su una sola trasmissione. La maggior parte dei mei colleghi lavora costantemente su più fronti”.
Che cosa ti emoziona di più o ti dà più soddisfazione nel tuo lavoro?
“Da una parte amo le cronache, perché fanno vivere davvero gli eventi, soprattutto quando si è sul posto. Pensa alla ginnastica, con un’arena piena di ventimila persone, oppure a una gara di sci come Adelboden o Wengen, dove ci sono quarantamila spettatori. Questa è una delle cose più emozionanti del nostro lavoro. L’aria che si respira ai grandi eventi come i Mondiali è incredibile. Il nostro ruolo è di farci trasportare dalle emozioni, viverle e trasmetterle in modo professionale agli ascoltatori.
La conduzione invece, anche se dà meno adrenalina, è interessante perché si parte da una pagina bianca che piano piano si riempie e si è soddisfatti quando alla fine della puntata si può dire che è venuto (quasi) tutto come si era programmato”.
Ci racconti un momento o un incontro speciale della tua carriera?
“Ricordo in particolare le gare di Wengen e di Adelboden, quando ha vinto Marco Odermatt. Poter commentare una discesa mitica come il Lauberhorn o appunto Adelboden in occasione di una vittoria rossocrociata, è… da pelle d’oca! Ma anche intervistare un atleta subito dopo una vittoria olimpica è incredibile: a Pyeongchang (Olimpiadi invernali 2018, ndr.) ero nel parterre a fare le interviste quando Michelle Gisin ha vinto l’oro nella combinata! Certo, quando vincono degli svizzeri c’è ancora più coinvolgimento, ma anche se vincono altri atleti è emozionante. Penso per esempio alle Olimpiadi di Tokyo nel 2021: ho potuto vivere un momento davvero speciale quando Gianmarco Tamberi ha vinto l’oro nel salto in alto, ex aequo con il qatariota Mutaz Essa Barshim. Pensa, due amici che vincono a pari merito e li puoi intervistare a pochi minuti dalla vittoria, quando magari sono ancora in lacrime o senza fiato, condividendo queste emozioni con loro”.
Chi c’è in cima alla lista delle interviste ancora da realizzare?
“Alla Domenica sportiva abbiamo i “Faccia a faccia”, interviste di circa 15 minuti che danno la possibilità di approfondire temi e conoscere meglio gli sportivi. Sono diverse dalle interviste-lampo del dopo gara, dove magari escono più le emozioni, ma danno la possibilità di far emergere anche la persona, il carattere, aspetti meno conosciuti, in un contesto più rilassato. Per esempio abbiamo avuto proprio Tamberi qualche settimana fa, in occasione del Galà dei Castelli ed è stato un bellissimo incontro. Ecco, il mio sogno è poter fare un’intervista così a Roger Federer o Simone Biles, campioni e personaggi di grande spessore, anche al di là dei risultati sportivi”.
Tu ti occupi anche di ginnastica artistica: che visibilità dà la RSI (e la SSR in generale) a questa disciplina?
“Nella ginnastica l’attenzione, in primis, va sulle gare degli atleti svizzeri. Non c’è una competizione che si svolge su tutta la stagione, come la Coppa del mondo di sci o di mountain bike (di cui da qualche anno trasmettiamo tutte le gare perché gli svizzeri sono forti e c’è il ticinese Filippo Colombo), ma si concentra tutto nei grandi eventi (Olimpiadi, Mondiali ed Europei). Quindi noi seguiamo questi grandi eventi che prevedono 5 o 6 giorni di gare e trasmettiamo dalle 2 alle 4 ore di diretta”.
Tu concretamente di che cosa ti occupi quando segui la ginnastica?
“Faccio delle dirette, insieme al collega Fulvio Castelletti, che si occupa del commento più tecnico. Lui è l’esperto e sa valutare tutti i dettagli e le finezze tecniche, io mi occupo più del contesto, degli atleti e della manifestazione. Un cronista deve sì conoscere la disciplina che commenta, ma non deve per forza aver praticato quello sport ad alto livello. È importante che riesca a portare qualcosa di interessante al pubblico a casa ma che non sconfini in giudizi che non sono di sua competenza”.
Giorgia Reclari Giampà, Segretariato SSR.CORSI